Don Carlo Sansone assegnato ad altro ministero nell’ambito della diocesi.
A sostituirlo, proveniente dalla parrocchia Santa Maria del Carmine di Manfredonia, Don Giovanni D’Arienzo
Domenica 4 novembre 2007 Don Carlo Sansone celebrerà la sua ultima Santa Messa in qualità di parroco della “Chiesa Madre” San Leonardo Abate; ad attenderlo il nuovo ministero di “Vicario Episcopale per la vita consacrata” affidatogli da Mons. Domenico D’Ambrosio arcivescovo della diocesi di Manfredonia–Vieste–San Giovanni Rotondo.
Il martedì successivo, 6 novembre, nel corso della concelebrazione serale presieduta da Mons. D’Ambrosio farà il suo ingresso nella comunità di San Leonardo il nuovo parroco, Don Giovanni D’Arienzo, già parroco di “Santa Maria del Carmine” di Manfredonia.
Dopo 12 anni, così, di ininterrotto servizio pastorale Don Carlo lascia la comunità di San Leonardo; comunità che, per mia personale esperienza e “cammino” di fede, credo abbia ricevuto tanto dal suo parroco, e non solo dal lato spirituale.
Per settimane, da quando è stata resa nota la scelta di Mons. D’Ambrosio di destinare Don Carlo al altro ministero, ho meditato di scrivere qualcosa sugli insegnamenti e sulle “lezioni” di vita impartite da un sacerdote che non ha mai avuto alcun timore nell’indicare l’intransigenza dei comportamenti e dei modi di “vivere” per poter essere un buon cristiano; tutto ciò anche a rischio di rendersi impopolare con il suo essere “nudo e crudo” ed affatto incline a diplomazia ed accondiscendenze.
Pensandoci bene, però, ho ritenuto più opportuno dare spazio, piuttosto che a mie personali impressioni, alle parole che lo stesso Don Carlo ha voluto lasciare alla sua comunità.
Pubblico, pertanto, il messaggio che sarà letto domenica 4 novembre al termine della celebrazione eucaristica.
In calce, inoltre, una preghiera ed una precedente lettera di don Carlo alla sua comunità.
Giovanni Piano
Alla comunità S. Leonardo Abate
Devo salutarvi e lo farò mediante il segno di croce così come vi ho incontrato, questo gesto è la ricchezza e l’identità del prete. Assicura benedizione che porta con sé e in sé stima, rispetto, benevolenza, preghiera; impegno nel cercare di vivere da prete, e quando il prete fa il prete sta bene dappertutto e con tutti. Non faccio un resoconto ma vi devo ricordare che il sacerdote nel suo ministero di servizio a Dio e ai fratelli deve far passare Cristo di cui tutti abbiamo bisogno. Il ministero richiede la sua espressione operativa, cioè la pastorale la cui anima è sempre Gesù buon Pastore che ci guida al regno di Dio che gia adesso qui ed ora si manifesta, e si insedia, mediante noi cristiani e Chiesa.
Penso alle tante persone incontrate anche quelle venute da fuori paese e fuori diocesi in cerca del Signore, tutte chiedevano della stessa cosa che il Vangelo ricorda con questa espressione rivolta ai suoi apostoli: “facci vedere Gesù”.
I modi sono tanti per chiedere di Gesù e passano attraverso la nostra umanità ferita, peccatrice, sofferente ma scelta ed amata dal Signore per edificarla nel mondo come sua presenza visibile, con la vita cristiana, con le opere, con la testimonianza evangelica e profetica della vita nella realtà terrena, familiare, sociale. Vedere Gesù è in via ordinaria vederlo, incontrarlo nella Chiesa suo corpo e mi sono sempre impegnato a farvi conoscere la Chiesa, l’essere Chiesa, non quella, vi ripetevo, del farsi vedere in chiesa – nel tempio – ma quella uscita dal costato di Gesù crocifisso che esce ogni giorno dall’altare, dall’Eucaristia che è il costato del corpo di Cristo cioè il costato da cui nasce e si forma la Chiesa, il popolo di Dio, la famiglia di Dio. So bene che sto parlando ai fratelli e sorelle, anch’io sono parte della famiglia di Dio è il Signore ha scelto una sua parte, me per stare con voi nel cammino della nostra santificazione e Dio voglia la salvezza e la santità. Ho dimorato fra voi cercando di nutrirvi della verità evangelica e dottrinale poiché lo Spirito Santo, fonte di ogni pastorale, non si improvvisa. Seguendo le direttive del Vescovo e del Magistero della Chiesa, occorre che si sappia del dono della Parola, dei Sacramenti, della Chiesa; si sappia di ciascuno di noi presente o assente in comunità ma presente sempre nel cuore e nella mente di chi celebra; occorre che si formi il popolo di Dio alla conoscenza di ciò e di chi in cui crede e per cui vive; occorre che si educhi e si conosca lo specifico della Chiesa e lo stesso motivo per cui Dio si è fatto uomo. Perciò ho insistito molto su Gesù e sulla Chiesa, senza Gesù e la Chiesa ogni espressione di azione pastorale è sterile, illusoria, accattivante nelle sue forme di aggregazione ma sclerotica se non miope, se si esaurisce in una pastorale di intrattenimento o di gruppi elitari. Al riguardo mi chiedo: in chiesa c’è il popolo di Dio o la classe di Dio!? Non ho mai coltivato la cultura della rivendicazione e dell’accusa, tipica del fariseo. Del richiamo profetico, si! Richiamare è pronunciare un nome, si pronuncia il nome di ciò e di chi si ama.
Per questo è bene dire a me e a tutti: fateci vedere Gesù! Quante volto ho chiesto di Gesù a voi! Quante volte avete chiesto di Gesù a me? E’, fratelli e sorelle, la domanda di ogni attesa umana in un mondo in cui si è chiamati a prendersi cura dell’immagine divina deformata nei volti dei fratelli e sorelle, volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza alcuna accoglienza, volti di anziani senza le minime condizioni per una vita degna” (Giovanni Paolo II).
Occorre riprendere il cammino dei profeti, il cammino del Vangelo, la sequela di Cristo nel sentire con la Chiesa. Sapete! Quando si parla di cristiani, di preti, di Gesù, mi riferisco sempre alla Chiesa quale stele che mostra la presenza di Gesù fra noi. Un pezzo di pane fa e sostiene la Chiesa da tremila anni e noi con lo stesso pane ci stabiliamo in essa e nel mondo per far vedere Gesù. E’ il miracolo dei miracoli che deve guidare il mio e vostro servizio a Dio e ai fratelli e sorelle.
Vi ringrazio, don Carlo.