di Salvatore Trotta
Da sempre l’uomo cerca luoghi in cui fissare la propria dimora e creare legami, costruire identità e forme di appartenenza che lo possono rassicurare e proteggere. Questo obbiettivo, però, è stato sempre contagiato dalla tentazione di creare delle barriere per difendere tali luoghi, e quindi erigere confini per escludere, per difendersi, per estromettere e per cacciare coloro che vi apparivano come diversi. Da qui ha iniziato ad avvertire l’altro come nemico, come estraneo e come straniero. Da qui è scaturito il conflitto che si è svolto dentro di lui: dare o non dare ospitalità? Premetto che il tema dell’ospitalità mi ha sempre affascinato, tale da condurmi ad intitolare la mia tesi “la figura dello straniero tra filosofia e teologia”, da qui traggo questa breve riflessione. L’uomo infatti come vedremo è ospite di Dio, della sua terra, in quanto già con il concetto di creazione l’uomo si sente non padrone, ma creatura ospitata da Dio nel suo progetto di amore. Proprio perché ospitato, l’uomo deve a sua volta ospitare. In quanto la terra appartiene a Dio. Ma questa idea della Bibbia la troviamo anche nella filosofia, perché già presso i greci troviamo la concezione dell’ospite come sacro. Inoltre tutti ritengono che solo chi è capace di ospitare l’altro, lo straniero, potrà costruire uno spazio politico e giuridico ispirato alla pace e alla convivenza solidale e costruire legami di una civiltà dell’amore. Sul tema dell’ospitalità inoltre il cristianesimo gioca oggi le sue carte per presentarsi al mondo come autentico messaggio di fraternità e di difesa dei diritti di tutti, specialmente di coloro che non hanno una dimora fissa o che vengono da noi scappando dai loro paesi di origine perché spinti dalla fame o dalle persecuzioni politiche.