Identificato un nuovo gene responsabile di una rara forma di cutis laxa, una patologia espressa soprattutto a livello della cute e dello scheletro
Alcuni ricercatori della Casa Sollievo della Sofferenza in attività presso l’Istituto CSS-Mendel di Roma, nell’ambito di una collaborazione con l’Istituto di Genetica Medica dell’Università Charité di Berlino e con altri centri di ricerca internazionali, sono riusciti ad identificare un nuovo gene responsabile di una rara forma di cutis laxa, una patologia espressa soprattutto a livello della cute e dello scheletro. Lo stesso gruppo aveva identificato il gene SCYL1BP1 come responsabile di un sottotipo di questo complesso gruppo di malattie, noto come “gerodermia osteodisplastica” (Nature Genetics. 40, 1410-1412, 2008), descrivendo il primo esempio di sindrome da invecchiamento precoce correlata ad una proteina dell’apparato del Golgi. Nello stesso studio era apparso peraltro che la cutis laxa è una condizione eterogenea, ovvero che forme clinicamente simili della malattia possono essere dovute a mutazioni in geni diversi.
Il nuovo studio, pubblicato online ad Agosto dall’autorevole rivista scientifica Nature Genetics, riporta l’identificazione di un nuovo gene-malattia, PYCR1. Nei 35 pazienti arruolati nella ricerca sono state individuate mutazioni patogenetiche, che si associavano a quadri clinici variabili, compreso il difetto di crescita prenatale, alterazioni cutanee (cute lassa e rugosa), osteopenia congenita, malformazioni del sistema nervoso centrale e ritardo mentale. Questi segni accomunano almeno tre condizioni cliniche nosologicamente distinte, compresa la gerodermia osteodisplastica, la sindrome di De Barsy e la sindrome da cute rugosa. La caratteristica che differenzia i pazienti portatori di mutazioni in PYCR1, rispetto a quelli mutati in SCYL1BP1, è la presenza di anomalie cerebrali associate a deficit cognitivo e, in generale, una maggiore gravità del quadro clinico. La proteina codificata dal gene PYCR1 è una enzima coinvolto nel metabolismo della prolina; la sua localizzazione al livello mitocondriale e l’aumento dell’apoptosi osservato nelle cellule dei pazienti mutati dimostrano che essa è coinvolta nella risposta cellulare allo stress ossidativo.
Questa scoperta conferma il ruolo fondamentale del mitocondrio nell’invecchiamento e aggiunge una tappa importante nella comprensione dei meccanismi correlati al danno cellulare mediato dai radicali liberi, ponendo le basi per nuove strategie terapeutiche nei confronti delle patologie più comuni da invecchiamento precoce. Di fatto, i ricercatori dell’Istituto hanno già avviato un protocollo terapeutico finalizzato al controllo delle complicanze ossee della malattia, con il quale stanno ottenendo risultati estremamente incoraggianti.