Nella piazza anti-lega “studenti, universitari, lavoratori, pensionati e nessuna bandiera politica”
“Quante emozioni oggi nelle splendide piazze pugliesi”. – ha scritto su un post Facebook Matteo Salvini alla fine delle numerose tappe pugliesi che hanno riempito la calda domenica di ieri 13 settembre. Forse tutte splendide… tranne quella di San Giovanni Rotondo, dove i fischi e i cori hanno creato visibile imbarazzo nella candidata della Lega che era sul palco con l’ex Ministro degli interni a fare gli onori di casa e che magari aveva immaginato ben altra accoglienza.
Ma chi erano i contestatori?
Chi erano “i fischiettanti che cercano fascisti in assenza di fascisti”?
Chi erano “i quattro figli di papà viziati che non hanno educazione e non hanno voglia di lavorare”?
Chi erano “quelli con la bandiera rossa” senza bandiera rossa?
Chi erano quelli che… “se l’uomo mangia male poi viene su come quelli là”?
Chi erano quelli che… “Mia figlia che ha sette anni ha un pensiero più evoluto di voi”?
Ma soprattutto perché in piazza a manifestare c’erano tanti giovani, di cui larga parte apolitici e disillusi dalla politica? Evidentemente erano giovani cresciuti a sentire le offese e gli insulti, il disprezzo e le volgarità gratuite che la Lega non hai mai risparmiato a noi terroni; giovani stanchi, forse, di sentire slogan di chi negli anni ha vomitato contro il Sud tutti i peggiori epiteti, di chi ha sempre etichettato il Sud come un peso per l’Italia e che ora viene al Sud con la promessa di un’Italia migliore sfruttando ogni situazione di cronaca per fare becera propaganda.
Giovani che vedono ora quello stesso Sud che era una palla al piede diventare terra di conquista e quei meridionali definiti parassiti e puzzolenti giocare, da elettori, un ruolo importante nell’agone politico nazionale e regionale.
Ora quel Sud è stato promosso… i nuovi terroni sono i migranti. Il motto “prima il Nord” è stato sostituito con “prima gli Italiani”.
Ma anche se dal nome del partito è stata cancellata con un colpo di spugna la parola “Nord” e tanti meridionali hanno messo nel dimenticatoio gli insulti ricevuti, capita di vedere ancora in piazza chi questi trascorsi non li ha dimenticati e chi non riesce ad apprezzare questa politica sovranista.
Ci sono due modi per esprimere il proprio dissenso in piazza: l’assenza o la presenza fastidiosa. Durante un comizio non può esserci un contraddittorio: o si applaude o si fischia.
La piazza anti-lega di San Giovanni Rotondo ha deciso per la seconda opzione e i motivi di questa scelta ce li spiega il portavoce dei manifestanti che ha raggiunto con un messaggio la nostra Redazione.
«Niente di speciale, semplicemente un obbligo morale: è questo che ci ha portato a scendere in piazza per dare voce al nostro dissenso, per esprimere il nostro disprezzo e la nostra disapprovazione nei confronti dell’ex Ministro dell’Interno. – così si apre la nota – Tutto è nato da un passaparola sui social non appena appresa la notizia che nella Nostra città, la città dell’accoglienza, sarebbe venuto colui che della non accoglienza ha fatto e fa la sua forza. Da qui anche il nostro slogan: “La città dell’accoglienza non accoglie chi non accoglie”. Un giro di parole che ha accomunato il pensiero di più persone, dai 18 ai 70 anni. Pensiero che ha portato alla mobilitazione avvenuta nel pomeriggio di domenica.
Siamo studenti, universitari, lavoratori di tutti i campi e pensionati. Nessuna bandiera politica ha accompagnato questa mobilitazione come si vuole invece far credere, nessun “Capo Komunista” come si legge negli incredibili e aberranti commenti letti sotto alcuni articoli delle varie testate giornalistiche che hanno riportato la notizia di questa mobilitazione.
Abbiamo voluto far sentire la nostra presenza.
Non siamo niente di speciale: siamo solo dei comuni sangiovannesi a cui il razzismo fa schifo.
Un grazie a chiunque ci abbia sostenuto e abbia unito la sua voce ai nostri cori di protesta.
Ringraziamo anche le forze dell’ordine per il loro lavoro e per aver allontanato aizzatori di violenza che cercavano lo scontro con l’unica arma che si ha quando non si sanno usare parole e intelletto.
Ora e per sempre coesi contro le discriminazioni, il razzismo e la pochezza politica.
Grazie a tutti, Matteo Ercolino, semplice cittadino».
Al messaggio dei contestatori si aggiunge anche quello di una mamma che non ci sta alle etichette cariche di pregiudizi con cui il capo del Carroccio ha bollato i giovani oppositori presenti in piazza. Certa che nel rumoroso gruppo – come peraltro confermato nel messaggio precedente – ci siano tanti giovani studenti e giovani professionisti e non parassiti della società.
«Tra i ragazzi che hanno contestato Salvini c’erano anche due miei figli: 22 anni, il primo, a due esami da una laurea in ingegneria informatica e informatico a tempo indeterminato in una azienda già da un anno (n.b. assunto senza raccomandazioni). 19 anni, il secondo, diplomato con lode dopo un lungo lockdown passato a studiare senza sosta. Nessuno dei due rientra nel profilo dei manifestanti disegnato dal leader leghista sul palco. Non sono comunisti, non sono figli di papà, non sono fannulloni, mangiano pugliese. I miei figli hanno un pensiero così evoluto che hanno deciso liberamente di contestare chi il Sud lo ha sempre schifato e ora del Sud si serve per prendere voti. Sono fiera del loro percorso scolastico e del loro discernimento politico, sociale e culturale».