Don Aniello Manganiello incontra i giovani dell’IT “Di Maggio”
Dopo il seguitissimo incontro dello scorso anno don Aniello Manganiello, parroco per 16 anni nel quartiere “Scampia” di Napoli, indomito annunciatore dell’Evangelo della giustizia e della legalità e fondatore del presidio “Ultimi” contro le mafie e per la legalità, ha nuovamente incontrato i giovani dell’Istituto Tecnico “Luigi Di Maggio” di San Giovanni Rotondo. Giovedì 12 dicembre presso l’Aula Magna dell’Istituto don Aniello, accompagnato dal prof. Antonio Pirro, docente e membro dell’Associazione “Ultimi”, ha messo in guardia i giovani delle classi terze dell’Istituto dai rischi di fumo, alcool e droghe.
La giornata si è aperta con il saluto del prof. Giovanni Gorgoglione, collaboratore del Dirigente Scolastico il prof. Rocco D’Avolio. Il prof. Gorgoglione ha messo in evidenza il valore pedagogico del tema preso in esame, dal titolo provocatorio “Come non farsi male”, ritenendo molto pertinente la frase che evidentemente intende suscitare nei giovani uno stile di vita più attento alla propria salute e al benessere personale e collettivo. Il docente ha poi ricordato che «l’uso di sostanze come l’alcool, il fumo e le droghe compromette la funzionalità, non più ripristinabile, del fegato».
L’intervento di don Aniello è stato preceduto dalla visione di una video intervista, a lui dedicata, realizzata dalla nota trasmissione televisiva “Le Iene”, utile per presentare ai giovani il servizio svolto per tanti anni nel quartiere Scampia di Napoli. Prima di focalizzare l’attenzione sulla prevenzione dall’uso di alcool e droghe, don Aniello ha voluto parlare del fenomeno delle mafie. E così ha spiegato ai giovani che esse agiscono come un ammortizzatore sociale, facendo leva sull’ignoranza e la subcultura, sfruttando inoltre la povertà della gente. «Le mafie – ha detto – tendono a sostituirsi allo Stato, e in particolar modo esse non permettono al Sud di decollare». Si è quindi soffermato sulla mafia garganica osservando che a differenza delle altre organizzazioni criminali essa «non produce pentiti, non ci sono collaboratori di giustizia e anche fra i cittadini si registra un altissimo livello di omertà». «La mafia – ha aggiunto – avvelena tutto e impedisce lo sviluppo di un territorio». Il sacerdote campano ha quindi riportato delle statistiche molto significative: «Delle 270 regioni che formano l’UE – ha spiegato – le ultime tre, secondo i parametri dell’occupazione, qualità della vita, criminalità organizzata e livello culturale, sono rispettivamente Calabria (268), Campania (269), Sicilia (270)». Manca la Puglia tra le ultime tre ma per don Aniello questo non è affatto consolante perché essa non si discosta molto dalle ultime tre qui indicate. «Se non si fa il bene, il male si allarga – continua don Aniello – servono testimonianze per favorire la crescita di una cittadinanza attiva». «Tra gli antidoti alle mafie – ha detto il sacerdote – sono decisivi lo studio e la cultura. Fattori determinanti affinché un giovane possa sperare di poter rimanere nel proprio territorio senza andare via, guardando al futuro lavorativo».
Don Aniello ha voluto precisare che criminalità e mafie si vincono anche attraverso piccoli gesti quotidiani, mediante delle scelte concrete che interpellano direttamente i nostri giovani: «Il 25 % di adolescenti – ha aggiunto – fa uso di tabacco ma anche di fumo e alcool. Gli esperti dicono che intraprendere questo stile già prima dei sedici anni riduce le aspettative di vita di almeno dieci anni». «Tutte le droghe fanno male – ha voluto precisare – ed è stucchevole la distinzione tra droghe leggere e pesanti». «Circa il fenomeno dell’illegalità – ha detto ancora don Aniello – se i giovani scelgono di non far uso di fumo, non andando a cercare le droghe dagli spacciatori, compiono un gesto concreto per indebolire l’economia delle criminalità organizzate, oltre che fare del bene a se stessi».
L’intervento di don Aniello ha suscitato un acceso dibattito e ampie e variegate reazioni tra i giovani, tra quelli che ritenevano che non siano pericolose le droghe leggere e si mostravano favorevoli alla loro legalizzazione, e quelli che invece concordavano con il sacerdote campano, riconoscendo il prezioso suggerimento.
Sul piano pedagogico, è stato osservato, occorre che i giovani siano disponibili, con umiltà, a riscoprire il primato dell’ascolto. È prudente chi ascolta consigli, perché sapere di non sapere è il principio della sapienza. Non si tratta di un approccio astratto o di una fuga dalla realtà, ma di orientare i nostri giovani verso ciò che è vero, buono e giusto, favorendo la maturazione della loro coscienza.