di Gianfranco Pazienza
Il cartello del cantiere recita: Messa in sicurezza statica e sismica, autorizzazione 12 marzo 2013. Il nome del Progettista e la proprietà. Noi ci vogliamo occupare di questo “fenomeno” edilizio perché riteniamo si debba riflettere sul consumo del suolo a partire dalle piccole cose (quelle grandi si sono già consumate, purtroppo).
1. La prima considerazione riguarda un quesito elementare: un cantiere edile viene autorizzato sapendo di sbarrare l’accesso ad un sentiero normalmente segnalato, con un cancello che lascia intendere che il cantiere si appropria anche di parte del sentiero. Come si vede chiaramente dalla foto panoramica e da alcuni particolari.
2. La seconda considerazione è più grave: il sentiero occupato si chiama “Canale le Coppe” ovvero quello è il canale di sbocco della valle e della montagna che lo sovrasta. In piena pericolosità idrogeologia, cosa di cui tutti siamo consapevoli, responsabili e sottoposti a rischio, evidentemente. E’ vero che la conca della città è più soggetta a rischio, ma il vero pericolo nasce proprio dalle valli a monte e dai canali, come dimostra l’alluvione del 12 settembre 2009.
3. La terza considerazione attiene alla “furbizia” umana e all’imbecillità: le fondazioni di cemento su un terrapieno lasciano immaginare che sotto ci sia tutta un’altro piano e una struttura di cemento che, appena sanato si svelerà come per miracolo, come tante altre costruzioni abusive viste in giro, spuntare come funghi. Il problema di sanare le costruzioni abusive è soprattutto questo: sanarle senza preoccuparsi dei rischi e dei danni ambientali. Ma questa è una preoccupazione inutile visto che nessuno si ferma nonostante i danni irreversibili provocati dal consumo del suolo.
Allora riassumiamo: nel 2013 è possibile che un sentiero natura venga chiuso dalla recinzione di un cantiere edile, per il consolidamento antisismico di una struttura costruita “ex Novo” su terrapieno e sul ciglio del “canale le Coppe”, soggetto a pericolosità idrogeologica, occupandolo in parte.
Rivolgiamo la domanda inutilmente all’ufficio tecnico urbanistico, al dirigente, all’assessore del Comune di San Giovanni Rotondo, al solito progettista. Lo chiediamo a chi può dare una spiegazione. A noi sfugge la logica e soprattutto tocca – come sempre – dover pagare per i danni ambientali.
Gianfranco Pazienza
Responsabile Circolo di Legambiente di San Giovanni Rotondo