di
Giulio Giovanni Siena
E’
il caos morale e sociale. Crollati gli antichi Valori. Cancellati gli antichi
modi di pensare, di governare, di fare giustizia. La Verità ha lasciato il
posto alla menzogna. Soffocato il senso di libertà, fraternità ed uguaglianza.
Dov’è
l’Onore? Dove, l’Orgoglio di sentirsi Uomini? E gli Ideali dei Partiti? Le Idee
per le quali si combatteva, in vista di un fine sociale per il quale valeva la
pena anche di morire?
Tutto
finito?
La
voce della coscienza tace. Dio è morto?
Abbiamo
perso. Nietzsche ha vinto.
Il
pensiero del filosofo
maledetto, ispiratore del Nazismo, demonizzatore della Cultura e
desacralizzatore del mondo, è esploso nell’animo umano mandandolo in frantumi.
Distrutti
i miti ed i valori, gli idoli e le illusioni metafisiche, la
profezia di una umanità nuova si è dunque avverata: è nato il Superuomo!
Viva
il divorzio! Viva l’aborto! Viva la droga e la pornografia! Viva il malcostume
politico e sociale, dilagante ed istituzionalizzato! Viva la bioetica addomesticata,
l’eutanasia e la morte assistita! Viva la scienza senza confini! Abbasso la
famiglia e la dignità umana!
Ci
siamo finalmente liberati dei principi morali e religiosi, dei falsi pudori, della
Cultura e della Storia, che
ci trascinavamo appresso come una palla al piede.
Ci
illudiamo di essere diventati Superuomini, confondendo la libertà con il
libertinaggio.
La
febbre da Superuomo investe tutti i campi, ma interessa soprattutto l’élite
politico-economica che ci governa, ci sfrutta e ci condiziona. Un’élite
trasversale che ha esercitato talmente bene la sua volontà di potenza nei
confronti del prossimo, da essere riuscita a svuotarci dentro, facendoci
barattare, in nome di una libertà fasulla, i valori della nostra cultura
plurimillenaria con disvalori di basso profilo, resi appetibili subdolamente
con la tecnica del martellamento mediatico incontrollato. E dentro, ormai, non abbiamo più
neppure la forza di reagire.
Volevamo
essere liberi
e siamo diventati schiavi.
Noi siamo il veicolo con cui si realizzano le libertà e le fortune dei potenti.
Metamorfosi inversa di una farfalla che intesse il suo bozzolo per diventare
crisalide. E’ questa l’evoluzione che volevamo dare alla democrazia? La
democrazia è stata traghettata verso l’oligarchia di partito, che comprende
dentro di sé tutte le oligarchie di questo mondo (industriale, scientifica,
militare etc.).
La
maggioranza dei cittadini non sembra accorgersi dei pericoli che corre la
società del terzo millennio, una società in cui l’avere continua ad essere
confuso con l’essere, dove
il valore dell’uomo viene ancora commisurato in base alle sue capacità
economiche e non in base alle sue qualità intellettuali, professionali ed
etiche. Come si può sperare in un cambiamento se non si fa qualcosa per
invertire questa tendenza? Quanto tempo ancora potrà resistere questa
democrazia?
Il
dio Denaro è stato capace di
far assumere al nostro cuore la forma del salvadanaio. Per esso abbiamo
imparato a tapparci la bocca e a turarci il naso. Non siamo neppure l’ombra
di ciò che eravamo.
I
giovani stanno pagando il prezzo imposto da una società egoistica ed ingiusta
votata al consumismo, costruita o assecondata irresponsabilmente da noi, padri
e nonni degeneri.
Il
senso di vuoto interiore, che spesso li spinge verso la droga e l’alcool ancora
adolescenti, avrà pure una causa scatenante! Ora che l’economia mondiale è
entrata in crisi, mettendo a nudo quanto effimera sia la vita basata
sul consumismo, lo spirito dei giovani si deprime ancora di più. Un
interrogativo li affligge: Quale
futuro per noi?
Le
mie parole sono troppo pessimistiche, troppo generalizzanti e
colpevolizzanti? Forse sì. Difatti vi sono tantissime persone di buona volontà,
dai saldi principi morali, giovani e non, che agiscono nel rispetto del
prossimo e delle leggi, che conoscono la differenza abissale che passa tra
due modi diversi di concepire la vita e che hanno la capacità di
reagire. Il guaio è che ognuno pensa di essere esente da colpe.
Perciò,
anche se riteniamo di essere delle brave persone, è meglio
considerarci TUTTI COLPEVOLI, perché tutti facciamo parte di questa
società ingiusta e non ci sforziamo mai abbastanza per riportarla sui binari
della correttezza.
E
se qualcuno nega che questa società sia ingiusta, molto probabilmente lo
fa per continuare a sguazzarci dentro.
Ma
perché siamo fatti così? Perché la natura umana ci rende così ciechi e
irresponsabili verso noi stessi e verso il prossimo?
La
nostra società degenererà fino al punto da spingere i consociati a pensare
che “il tuo male è
il mio bene”? Una
società siffatta sarebbe la negazione della democrazia e della
libertà, la selva in cui s’acquatta l’homo
lupus pronto a sbranare, la fornace ardente in cui si
bruciano i valori del mondo.
Abbiamo
bisogno di guardarci dentro e di convincerci che occorre assolutamente cambiare, TUTTI,
politici e non.
Moralismo?
No. E’ la voce di una coscienza che si ribella e non vuole adeguarsi al
sistema, una tra tante che vogliono continuare a sentirsi libere.
Anche
la mia città, la cara San Giovanni Rotondo, presenta sintomi di malessere, resi
più evidenti dal suo brusco e travolgente miracolo economico, dovuto alla
provvidenziale presenza di Padre Pio.
Bene
ha fatto l’Amministrazione comunale sangiovannese, spinta da un
imprenditore lungimirante, ad istituire il 28 luglio 2009 la prima Giornata del Ringraziamento,
in occasione del 93° anniversario della venuta di padre Pio a San Giovanni
Rotondo.
Oltre
ad essere un concreto gesto di riconoscenza verso San Pio da
Pietrelcina, l’evento è di stimolo per riflettere ed imboccare strade
diverse.
Con
Padre Pio il Cielo ha voluto mandare a San Giovanni rotondo un faro spirituale
e manna corroborante per ripagare i secolari sacrifici della sua gente.
Gente un tempo umile, povera, ma fiera, dedita all’agricoltura e
all’allevamento del bestiame, con una tradizione anche operaia, di lavoro duro,
nella miniera di bauxite della Montecatini o nelle pietrose terre demaniali
usurpate per necessità sopravvivenziali.
Quello
sangiovannese, è un popolo che ha conosciuto nella sua storia tanta
sofferenza, che ha visto distruggere la propria città dagli Angioini, dagli
Svevi, dai francesi, che ha conosciuto morbi colerici, eventi sismici,
carestie, eccidi, e persino scomuniche papali.
Per
parecchi decenni, a partire dall’arrivo di Padre Pio, la stragrande maggioranza
dei sangiovannesi ha avuto un comportamento adeguato, esemplare
sotto molti aspetti. In questi ultimi decenni, invece, molti si sono
lasciati risucchiare dal vortice della notorietà e del benessere. L’amore per Padre
Pio oggi viene prevaricato in qualche misura dall’interesse
economico.
I
sangiovannesi non devono perdere la loro identità. Il “fenomeno
Padre Pio” è e deve restare il volano dell’economia della città, ma
occorre fare attenzione a gestirlo con molta discrezione ed
attenzione, tenendo presente soprattutto il forte bisogno di spiritualità
dei pellegrini, nell’interesse degli stessi imprenditori, i quali, dopo tutto,
per dare una risposta alla forte richiesta di accoglienza, hanno scommesso fiduciosamente
tutti i loro averi sulla figura del padre, talvolta indebitandosi.
La
“Giornata del Ringraziamento” promossa dall’Amministrazione comunale
rappresenta, quindi, un importante passo nella giusta direzione, un
tentativo della città di riannodare i bandoli della matassa, ripartendo da
Padre Pio.
Quando
è necessario, bisogna avere il corraggio di tornare indietro, per andare
avanti. La città deve fare tesoro dell’esperienza spirituale
irripetibile vissuta con padre Pio e riprogettare in parallelo un’offerta
turistica che sappia coniugare le necessità di oggi con il passato, senza
offuscare minimamente le ragioni che spinsero padre Pio , quale supremo
gesto d’amore per i sangiovannesi, ad esprimere il desiderio di essere
seppellito, latu
sensu, “in un qualunque cantuccio di questa terra”, cioè
della terra di San Giovanni Rotondo.
“La distruzione del passato è forse il delitto supremo”, ammonisce la
filosofa Simone Weil. Una comunità esiste in quanto esiste un legame che salda
i vivi ai morti
ed ai discendenti. Rotto questo legame, il gruppo cessa di esistere come
comunità e muore anche la sua Cultura.
Molti
dei concetti di questo post sono già stati da me sviluppati in un articolo
di spalla pubblicato dal periodico locale “il Pirgiano” nel lontano 1991.
Perciò qualche sporadico lettore dalla memoria di ferro, rileggendomi, potrebbe
esclamare: rieccolo!
Ebbene,
sì! Rieccomi, dopo diciotto anni, per ricordare a me stesso e agli altri che il
tempo trascorre inesorabile e che l’uomo persiste nell’errore.
C’è
stato un ricambio generazionale, sono scomparsi o mutati partiti, governi
ed amministrazioni e ci ritroviamo a parlare sempre delle stesse cose, degli
stessi problemi, con lo scrigno dei valori che resta chiuso in un angolo, tutto
impolverato.
Com’è
difficile, in queste condizioni, volare alto oltre
le bandiere, oltre i confini degli egoismi!
Ma
la speranza è dura a morire. Del resto i Valori, quelli veri, se invocati con
forza da tutti, sono come l’Araba
Fenice: quando tutto sembra perduto, sanno risorgere dalle
loro ceneri, più forti e vigorosi di prima.
(tratto da www.sangiovanni-rotondo.it)