La madre di una laureata: “Credeva nel merito.
E’ stata delusa e si è uccisa: la colpa è di tutti noi”
“E’ sempre stata onesta, non ha mai cercato compromessi, si è sempre messa in discussione, troppo, e ci ha dato sempre il massimo…o forse no, perchè, ne sono certa, se non l’avessimo uccisa, tutti, ci avrebbe dato di più”. E’ quanto scrive in una lettera al direttore del Quotidiano della Calabria la madre di Lucia, una ragazza di 28 anni, laureata in ingegneria gestionale, che si è tolta la vita il 4 aprile scorso lanciandosi dal balcone della sua abitazione a Cosenza.
“Non si può banalizzare – aggiunge – e liquidare il suo gesto come un suicidio dettato dalla depressione… Lei sì, lei sì che si è sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito avrebbe pagato. Laureata in ingegneria gestionale, in condizioni molto difficili, con il massimo dei voti, 110/110, si è trovata a doversi accontentare di un lavoro che non era il suo, poco retribuito, si è trovata a doversi prendere cura della sua piccolina di appena due anni, affrontando tutte le difficoltà che già conosciamo noi donne…e noi donne del sud. Aveva un solo difetto: portare un cognome anonimo e credere nella meritocrazia”.
La madre della ragazza suicida afferma poi che “lei non poteva vivere in quest’Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua Calabria, dov’era amata dai suoi innumerevoli amici. E’ una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra, noi non vi vogliamo…E voi, mamme, non consentite che questo mostruoso Leviatano divori i nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto”.
Per il Presidente del corso di studi in ingegneria gestionale dell’Università della Calabria, Luigi Filice, il suicidio di Lucia è
una “grande sconfitta per quella società che la mia università deve far progredire”. “Assorbito il colpo, ripreso il respiro, resta l’immenso senso di impotenza – aggiunge – ma anche la rabbia e la volontà di impegnarsi ancor di più nello svolgere un lavoro che ci concede, ogni giorno, l’immeritato privilegio di vivere spalla a spalla con le generazioni future”.
da Repubblica.it