In memORIA dei nostri Caduti
Di seguito pubblichiamo un commovente ed intenso scritto di una nostra lettrice, Tiziana Massa, che ha inteso portare all’attenzione un evento ai più sconosciuto, il naufragio del Piroscafo Oria, avvenuto in acque greche il 12 febbraio 1944, dove, a perdere la vita, furono oltre 4000 soldati, alcuni sangiovannesi, fra i quali, purtroppo, il nonno della nostra lettrice.
Lo scorso 10 febbraio si è tenuta presso Capo Sounion, località a sud di Atene, una solenne commemorazione in ricordo di quelle vittime dimenticate per le cui famiglie risultano ancora dispersi. Oggi, in tutta Italia, ma per iniziative intraprese da privati, le acque cominciano a smuoversi, tanto che alcuni comuni hanno intitolato strade e piazze per onorare la memoria dei militari dell’Oria, periti per la Patria.
Il sito www.piroscafooria.it è utile per prendere visione delle testimonianze dei sopravvissuti, del Muro della Memoria, e soprattutto, per conoscere la lista degli imbarcati.
Il profumo del mare evoca quello che si respira nelle dolci giornate d’estate, il brillio del sole sulle placide acque greche ispira momenti di riposo e serenità. Ma le emozioni che emergono dal cuore nell’affrontare il viaggio verso il luogo in cui trovarono la morte migliaia di soldati, fra cui mio nonno materno, durante l’ultimo conflitto mondiale, le emozioni, non sono affatto gioiose. Un turbamento profondo prevale nell’avvicinarsi a quel luogo, sacro per alcuni, ma storicamente sconosciuto ai più.
Capo Sounion è una località a sud di Atene noto come località di vacanza e di riposo. La storia però lo conosce come luogo di disgrazia e di morte. In un momento in cui i soldati d’Italia, durante la seconda guerra mondiale, annaspavano in uno stato di confusione e di abbandono, dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, sull’isola di Rodi nel lontano mar Egeo, si consumava una delle molteplici tragedie che la guerra ha imposto all’umanità.
Numerosi nostri soldati, fra cui alcuni originari di San Giovanni Rotondo, di San Marco in Lamis e di paesi limitrofi, vengono arrestati e imprigionati in campi di lavoro sull’isola. Sottoposti a condizioni di vita al limite della sopravvivenza, per torture, deprivazioni di ogni sorta e soprattutto ridotti allo stremo dalla deliberata sottrazione di cibo, in grande quantità vengono rastrellati e obbligati ad imbarcarsi su navi straniere requisite a legittimi proprietari, per essere deportati nei lager in terra germanica.
Una di queste imbarcazioni è una “carretta del mare”, sottratta ai norvegesi e all’origine utilizzata come nave da carico: il piroscafo ORIA. È vecchio, provato già da molteplici viaggi, sicuramente non adeguato ad imbarcare passeggeri; i gerarchi tedeschi però non se ne curano e su essa ordinano di stipare 4116, non provviste, non mezzi di guerra, ma uomini. Sì uomini, che ammassati all’inverosimile nelle stive, vengono condotti verso la morte più crudele e più impietosa che il destino possa riservagli.
Il piroscafo prende il largo nel pomeriggio dell’11 febbraio 1944 e, dopo essere scampato ad un siluramento ad opera di navi inglesi che erano all’oscuro del carico umano trasportato dalla nave, si dirige verso il porto del Pireo. Ma sotto costa, a 25 miglia dal luogo di destinazione, nella notte del 12 febbraio, l’imbarcazione subisce le ire di un mare in tempesta, in cui i marosi urlano e rinforzano come mai, a memoria degli abitanti del luogo, era accaduto. Così, probabilmente per un timone in avaria e per le proibitive condizioni del mare, va a schiantarsi su degli scogli affioranti nelle vicinanze dell’isolotto di Patroklos, prospicente la costa di Capo Sounion. Del disumano carico di umani, sopravvivono solo 37 soldati italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio. In più di 4000 esanimi, vengono riversati sulle spiagge dell’Attica; solo la pietà e l’umanità dei greci del luogo, impedisce che sciacalli, volpi, e uccelli facciano scempio di quei poveri corpi. Per giorni, per mesi, continua la pietosa sepoltura in fosse comuni lunghe più di cento metri. Si racconta e si ricorda che l’infinità dei corpi impediva di porre un solo passo sulla sabbia senza il rischio di calpestarli. Ma molti, sono ancora lì, in fondo al mare! Per decenni, gli abitanti dell’Attica hanno considerato, e considerano ancora, il luogo, sacro, evitando di godere di quel tratto di mare come sede di vacanza e riservando ad esso il massimo rispetto e la più religiosa sacralità.
Il 9 febbraio 2014, al km 60 della strada statale Atene-Sounion (all’altezza dell’isolotto di Patroklos) è stato inaugurato il Monumento dedicato ai Caduti del naufragio, creato e voluto dagli amici greci, sulla cui targa si legge: “ai caduti dell’Oria – in questo specchio di Mar Egeo dove spunta l’isola di Patroklos riposano oltre 4000 militari italiani periti il 12- 2 -1944 nel naufragio del piroscafo Oria che li deportava verso i lager nazisti”.
DOMENICA, 10 FEBBRAIO 2019
In una solenne commemorazione per il 75° anniversario di quel doloroso evento, il gruppo dei familiari dei caduti dell’Oria si riunisce davanti al monumento. Ci sono anch’io, nipote del Caporal Maggiore Donato Cusenza, per lo Stato italiano tutt’ora disperso in un naufragio non ancora ad esso noto.
Disperso, o meglio ignorato, lui, insieme alle altre 4116 anime, 4116 persone che hanno dovuto lasciare mogli, figli, genitori, fratelli per onorare la Patria e che da 75 anni sono sepolti lì, a capo Sounion. In Italia però, a quasi nessuno è noto il più grande naufragio della storia del Mediterraneo, uno dei più grandi disastri navali dell’umanità. Mi voglio correggere: quasi nessun parente delle vittime è a conoscenza delle circostanze in cui è morto il proprio congiunto. Ma alcuni sopravvissuti nel primo dopoguerra, scrissero una relazione alle istituzioni italiane, per metterle al corrente del tragico evento che aveva coinvolto così tanti militari italiani. Più nulla si è saputo da allora se non ciò che alcuni nipoti delle vittime, in collaborazione degli amici ellenici, sono riusciti a scoprire, in forma ed iniziativa privata.
Alla commemorazione solenne c’erano l’Arcivescovo di Atene Sevastianoos Rosolatos, il vice governatore dell’Attica, Petros Filippou, Ambasciatori in Grecia di diversi Stati europei e non, fra cui l’Ambasciatore d’Italia Efisio Luigi Marras, ed il Presidente della Repubblica greca, Prokopiou Pavlopoulos.
Sì, le più importanti autorità greche presenti per onorare i caduti di una nazione che li aveva invasi, che a loro era stata nemica. Perché di fronte alla morte non c’è il limite dei confini, non c’è inimicizia, ma compassione, umanità.
Il 6 settembre 2017 il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, con un fuori programma nella sua visita in Grecia, ha sostato sul luogo del monumento.
Grandi passi sono stati fatti dalla popolazione e dalle autorità greche per i nostri cari soldati, ma il cammino dell’Italia è appena cominciato.
La visita in quei luoghi mi ha permesso di avvicinarmi spiritualmente a mio nonno e ai suoi commilitoni, ha consentito di rendere concreto e tangibile un evento che sembrava appartenere solo ai racconti, velati dal tempo e dalla lontananza. Essi, ne sono certa, hanno trovato la pace dell’Eternità abbracciati dall’amore del Signore.
Si dice che il tempo che passa è galantuomo, cancella le ferite, nasconde le mancanze, affida all’oblio tutti gli errori… Così tutti responsabili, nessun responsabile, ma, aggiungo io, nessun onore al merito!
Come recita il motto del “gruppo dei familiari dei dispersi del piroscafo Oria”:
“DISPERSI SÌ, DIMENTICATI MAI” (che sia eterna la loro memORIA).
Tiziana Massa
In memORIA del caduto
CapMagg. DONATO CUSENZA
insignito della Medaglia d’Onore ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti
28/11/1915 donato alla vita
12/02/1944 strappato alla vita
e di tutti gli eroi che, come lui, sono morti per la Patria