LibriAmo… speciale Premio Strega 2021, a cura di Renata Grifa
A volte, mentre scrivo, mi sembra di procedere in mezzo a una folla di ricordi che chiedono attenzione come gente che tende la mano sperando in un’elemosina.
Pia e Rocco che litigano perché lei si rifiuta di ospitarlo in campagna assieme a una nuova fidanzata, mentre lei era rimasta amica della vecchia.
Emanuele Trevi
Due vite, tre persone, un’amicizia che va oltre la vita, oltre la morte.
Due vite è il racconto di un ricordo, possiamo dire di un omaggio a due scrittori tenuti un po’ ai margini del mondo letterario, riportati in vita attraverso le delicate e affezionate pagine che Emanuele Trevi ha loro dedicato in questo romanzo, pagine la cui bellezza e nostalgia è valso il Premio Strega 2021.
Pia (Pera) e Rocco (Carbone) rivivono in questo racconto attraverso la penna di Trevi, il quale ricorda di loro non solo gli anni passati insieme, ma soprattutto ne rimarca il loro talento letterario spesso non adeguatamente riconosciuto.
Rocco è stato per l’autore quello che potremmo definire l’amico di una vita, così diversi tra loro eppure così intimamente uniti. Una persona dal carattere ostile, eternamente insoddisfatta “sempre inseguito dalle sue Furie”. Trevi lo descrive così, con parole reali, piene di stima e ammirazione per quell’amico che se non avesse avuto contro un destino così beffardo forse ce l’avrebbe fatta a convincere la scena letteraria italiana che anche se non hai un nome altisonante hai comunque qualcosa di bello da dire, qualcosa che a volte vale più di milioni copie vendute.
E poi Pia, “la signorina inglese”, “la Mary Poppins all’incontrario”, trasgressiva, piena di vita, curiosa.
Scrittrice e traduttrice di capolavori russi, ancora famosa la sua traduzione Evgenij Onegin di Puškin e Un eroe del nostro tempo di Lermontov, Trevi la ricorda come una persona dall’animo irrequieto, ma comunque sempre pronta ad attutire i colpi più duri che la vita le riserverà.
È cosi, con il racconto delle persone che sono state, che Emanuele Trevi restituisce al grande pubblico le figure di due autori che i più definirebbero “di nicchia”, ma sebbene i loro nomi arrivino al pubblico meno preparato, non credo sia stato questo l’intento primo dell’autore, quanto più un’operazione privata, intima come quella di fare i conti con il “dopo”, con chi non è più nel tempo presente “la scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti. Consiglio a chiunque abbia nostalgia di qualcuno di fare lo stesso: non pensarlo ma scriverne, accorgendosi ben presto che il morto è attirato dalla scrittura, trova sempre un suo modo inaspettato per affiorare nelle parole che scriviamo di lui, è proprio lui una buona volta”.
Scrivere per ricordare quindi, scrivere per non dimenticarli, scrivere perché tutti possano leggere di quanto bella sia stata l’amicizia di due vite.