Capigruppo con il termometro per misurare la febbre dell’antiPOLITICA
Le elezioni amministrative che si sono svolte in tutta Italia ci hanno offerto il solito spettacolo agghiacciante, i nostri politicanti e i capigruppo come al solito sono scesi in campo per sostenere i loro candidati, ma muniti di termometro per controllare a che livello è arrivato il contagio dell’antiPOLITICA.
Secondo molti, tutto sommato, possono ritenersi soddisfatti dato che l’affluenza alle urne ha avuto un calo del 6%.
Vorrei far notare però, che il dato non indica proprio niente, specialmente quando lo rapportiamo ai piccoli comuni (839 su 1012) nei quali si vota maggiormente sotto” ricatto psicologico” o si è obbligati in qualche modo a votare conoscenti e parenti con la presunzione, però, di ottenere in cambio futuri tornaconto personali. Il concetto più volte analizzato nel corso della storia (Sallustio, Guicciardini ecc.) è stato oggetto di studio di un sociologo-politologo statunitense Edward C. Banfield il quale nel libro “Le basi morali di una società arretrata” mette in risalto il “familismo amorale”.
La teoria, ancora tema di dibattito, pone al centro il raggiungimento del bene assoluto per la propria famiglia a scapito del resto della comunità e delle relazioni con la stessa , in quanto spesso gli esseri umani sono portati a massimizzare i vantaggi a breve termine per la propria famiglia supponendo che gli altri nuclei familiari si comportino allo stesso modo.
Non tutti hanno dimenticato che meno di un anno fa, persino nella nostra esimia cittadina, sono stati comprati dei voti per la modica cifra di 50 euro, indice assoluto di mancanza di senso comunitario, civico ed etico che si protrae da secoli e che non ha motivo di mutare, perché lo stimolo infuso dalla positività delle azioni di pochi non basta a mutare la pigrizia, dei più, in collaborazione, l’eterna sfiducia in proposte e soprattutto quando si vive esclusivamente per la propria famiglia bisognerebbe rendersi conto che il vicino di casa non è solo un possibile elemento di disturbo ma bensì un altro essere umano con le nostre stesse esigenze.
Emanuele Merla