La partitocrazia affonda tra sonore sberle e “Vittorie di Pirro”. Continua la “Marcia su Roma” del M5s. L’astensionismo è il maggior partito italiano.
L’esito delle elezioni regionali siciliane palesa la fine, l’allontanamento, la disaffezione della gente, dei cittadini nei confronti dei partiti. E lo fa in maniera esplicita. Comunque ci si affanni a commentarla nel tentativo di far quadrare i conti all’interno del sistema partitocratico vecchio stampo, adducendo analisi e spiegazioni per larga parte basate sul divisionismo della destra quanto della sinistra radicale oppure sul sospiro di sollievo di una vittoria che vittoria infondo non è. Niente di tutto questo, semplicemente i partiti hanno perso, la partitocrazia ha perso, l’attuale sistema pubblico-politico ha perso.
Certo i distinguo non mancano, e non si vuole certo cadere nel qualunquismo che generalizza tutto e livella alla buona ogni sfaccettatura e particolarità.
Di sicuro il Pdl ne esce con le ossa rotte perdendo qualcosa come 653.000 voti dei 900.000 delle scorse amministrative isolane. Una debacle figlia certamente degli scandali che stanno attanagliando in diverse zone d’Italia il partito, ma al contempo da addurre anche alla fine dell’epopea berlusconiana, al vuoto manageriale e di leadership che l’ex premier ha lasciato all’interno del partito, e alla caduta della grande illusione mediatica del “tutto va bene” sventolata dal 2008 a ieri, quando poi la crisi negata è esplosa (pilotata o no che sia, ma questo è un altro discorso) consegnando il governo del Paese ai tecnocrati di Bruxelles, tanto duri e tempestivi nel colpire redditi, lavoro e pensioni, quanto ossequiosi nel continuare ad elargire favori alla finanza dei banchieri, e miti nel mantenere i privilegi della cosiddetta casta dei politici.
Poi abbiamo la grande Vittoria di Pirro del candidato PD-UDC. Nulla da ridire sul candidato Crocetta, ma sventolare ai quattro venti come vittoria un risultato che evidenzia la perdita di 248.000 voti (PD) 1 su 2 in pratica, e 130.000 voti (UDC) è l’ennesimo esercizio di chi proprio non vuole vedere la fina che incombe. Una vittoria che con numeri non sufficienti a governare, costringerà il neo-eletto presidente Crocetta a incassare il sostegno del vecchio che resiste (l’ex governatore Lombardo) o addirittura, cosa impensabile fino a poco tempo fa, discutere e confrontarsi con il nuovo che avanza, i consiglieri eletti nel Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, quello che è stato etichettato come antipolitica, e addirittura “cancro della democrazia” dal presidente dell’UDC Pierferdinando Casini. Un prezzo altissimo da pagare per la partitocrazia, una vittoria di Pirro appunto, da leggere più come un’agonia più lunga rispetto al Pdl, che come una resistenza, o una speranza di salvezza.
Sel e Idv impattano nel peggior risultato siciliano di sempre, e il partito di Vendola perde 25.000 voti rispetto al già brutto risultato delle scorse regionali, restando insieme al partito di Di Pietro addirittura fuori dal Consiglio Regionale.
Chi ha vinto, e lo ha fatto in maniera clamorosa, come partito più votato, è il Movimento 5 stelle, di Beppe Grillo. E lo ha fatto spendendo appena 26.000 euro di campagna elettorale, poggiandosi sulla grande capacità e timbro comunicativo del comico genovese. Una vittoria fondata su una campagna elettorale fatta piazza per piazza nella Sicilia, affrontando temi veri e spesso locali, con il suo solito linguaggio di durezza e schiettezza. Gli elettori gli hanno creduto, perché quelli sono da sempre i temi di Grillo e del Suo movimento, stiamo parlando della trasparenza, del taglio dei fondi pubblici ai partiti, del taglio dei privilegi dei politici, dell’impossibilità di candidatura a pregiudicati, e della rinuncia al milionario rimborso spese elettorali dopo le scorse amministrative. La vittoria di Grillo, però non è iniziata ieri, né tantomeno nelle scorse amministrative, ma quando la politica, in affanno e in calo mostruoso di popolarità e fiducia tra i cittadini, ha cominciato a rincorrere i temi di Grillo, quelli della trasparenza, dei tagli agli stipendi, dell’ineleggibilità dei condannati, e dimostrando ancora una volta la loro inaffidabilità, visto che sono rimasti temi da solotti televisivi, che non hanno mai visto una traduzione concreta in fatti e tagli. Grillo ha semplicemente cavalcato l’inefficienza, il vuoto di proposte politiche credibili e il vergognoso meccanismo di sperpero dei fondi pubblici da parte dei partiti, e lo ha messo in scena in maniera paradossale, esattamente come in piazza a Palermo denuncia la mancanza di possibilità di salire con un autobus sull’Etna, mentre i partiti pensano al ponte sullo stretto e al corridoio 5 che con l’alta velocità ci condurrà a Kiev, mentre non si può raggiungere Siracusa. È questa paradossale lontananza della politica dai temi della gente, dai problemi della vita reale, questo vulnus di proposte e di idee nuove che non siano di derivazione Montiana di tagli, lacrime e sangue, questa troppa connivenza della politica con il mondo degli appalti e del cemento, questa mancanza di strategia per il futuro, questa abdicazione della politica al mondo dell’economia finanziaria e delle banche, è questa accettazione acritica e inerte della sottrazione di sovranità statale in favore dei mercati che determina l’altro fatto certo di queste elezioni: L’astensionismo è il primo partito. E potremmo essere solo all’inizio.
Pio Matteo Augello