Una sentenza “aberrante” ?
Una precisazione importantissima, con questo articolo voglio porre l’attenzione su una decisione che ha diviso il mondo civile e penale, siamo tutti uguali davanti alla legge?
“Aberrante”, così è stata definita la sentenza della Corte di Cassazione che ha esteso il divieto per il giudice, di disporre unicamente il carcere nei confronti del presunto responsabile di una violenza sessuale, anche allo stupro di gruppo.
Cosa significa?
Nel 2009 il Parlamento, per contrastare il fenomeno in crescita della violenza sessuale, stabilì una legge che impediva al giudice di prendere misure cautelari diversa dal carcere verso il presunto colpevole. Quindi l’indiziato finiva in carcere a scopo cautelativo, non come sentenza definitiva.
Ma la Corte Costituzionale ha ritenuto, questa legge, contrastante con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha deciso che “nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure”, cioè il presunto colpevole può usufruire, per esempio, degli arresti domiciliari.
Questa disposizione è stata estesa anche ai reati sessuali di gruppo, annullando la decisione del Tribunale del riesame di Cassino (Frosinone), che aveva confermato il carcere per due giovani accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza del frusinate rinviando il fascicolo al Tribunale di Roma perché potesse fare una nuova valutazione.
Immediato il coro di protesta, complici anche i social network, di gruppi che inneggiano come “aberrante”, “un invito a perpetrare la violenza sulle donne” di questa disposizione.
D’altra parte, il mondo giuridico non è dello stesso avviso, in quanto, a volte, facebook e twitter diventano armi a doppio taglio.
Secondo l’Unione Camere Penali “Stupisce che intorno ad una decisione che tutela gli elementari statuizioni, si possa creare un vergognoso battage mediatico, che alimenta le più bieche pulsioni giustizialiste”, “in ogni Stato di diritto, l’indagato è da considerare innocente sino alla sentenza definitiva. Proprio per questo, la misura della custodia cautelare in carcere, è un istituto che deve trovare la sua applicazione in casi assolutamente eccezionali e l’indagato ha il sacrosanto diritto di attendere la definizione della vicenda processuale, qualunque sia il delitto che gli viene attribuito”.
Lo stupro è un atto da condannare senza se e senza ma, segna una donna per tutta la sua vita, e, la costringe a vivere nella paura. Ma anche il carcere è un’esperienza che, nel caso di un uomo innocente, segna a vita.
Il coro di protesta contro questa sentenza è un nostro bisogno di condannare e giudicare a priori? Non si è, appunto, innocenti fino a prova contraria?
Tenendo sempre ben presente che le misure alternative al carcere sono da utilizzare solo se ci sono gli elementi adatti, altrimenti l’indagato resta in carcere!!!
Mariapia Carruozzi