Piena giustizia sull’operato dell’Arcivescovo e dei frati
Il GIP del Tribunale di Foggia, dott. Salvatore Casiello, ha scritto la parola "archiviazione" sulla vicenda giudiziaria aperta intorno alla esumazione della salma di san Pio da Pietrelcina. È stata infatti disposta l’archiviazione delle indagini tese ad appurare la fondatezza della denuncia sporta il 2 marzo scorso dall’avv. Francesco Traversi, rappresentante dell’Associazione "Pro Padre Pio – l’uomo della sofferenza Onlus", contenente le ipotesi di reato di violazione del sepolcro e vilipendio di cadavere. Il decreto di archiviazione costituisce l’ennesima bocciatura della crociata contro la ricognizione canonica e l’esposizione del corpo del Santo, dopo il rigetto della richiesta di sequestro del sepolcro e la stroncatura del procedimento civile avente per oggetto la presunta violazione del testamento spirituale di Padre Pio.
Per il Giudice per le Indagini Preliminari, non solo non vi è mai stata alcuna violazione di norme penali nel procedimento per l’esumazione, ma addirittura, riprendendo proprio la pronuncia del giudice civile, il GIP ha messo anche in dubbio la legittimazione della associazione rappresentata dall’avv. Traversi ad opporsi alla richiesta di archiviazione già presentata dal pubblico ministero Dominga Lucia Petrilli. Plurime le censure espresse in dodici pagine di fitte argomentazioni nelle quali, pur recuperando le valutazioni già espresse dal giudice delegato della prima sezione civile del Tribunale di Foggia (la costituzione di soggetti portatori di interessi diffusi – nel caso di specie religiosi – costituiti in associazioni o comitati, non comporta, di per sé, la legittimazione processuale in via automatica, occorrendo, all’uopo la dimostrazione in concreto che l’associazione che agisce è titolare dell’interesse concreto dedotto in giudizio.
Il fatto incontestabile che vi sia una certa parte dei fedeli cattolici che dissente dalle operazioni di ricognizione canonica per cui è causa, non comporta di per sé che le relative associazioni, che perseguono interessi di natura religiosa, siano per ciò legittimate a proporre domande giuridiche, relative all’esecuzione di un’assunta disposizione testamentaria quale quella per cui è stato proposto il presente giudizio…la Chiesa Cattolica è soggetto portatore degli interessi dei fedeli stessi), non si è mai trincerato dietro la pur palese mancanza di legittimazione dell’associazione denunciante, ma è andato oltre affrontando analiticamente ogni aspetto della vicenda, fino a concludere che non residuano dubbi in ordine all’infondatezza delle accuse.
Per il GIP, pienamente sposabili sono le considerazioni espresse dalla P.M. nella richiesta di archiviazione, con la quale l’organo inquirente, sulla scorta di documentazione precisa e di assunzione di elementi investigativi complessi, ha già ritenuto esserci stata la perfetta regolarità delle operazioni di esumazione, avvenute nel rispetto pieno delle norme vigenti e del sentimento di pietà religiosa. Assolutamente non condivisibile, invece, è stata ritenuta la tesi opposta, espressa dall’avv. Traversi, tanto da indurre il GIP a ribadire chiaramente che nel procedimento di esumazione della salma di Padre Pio non vi è stato né vilipendio di cadavere né di violazione di sepolcro. Nel provvedimento di archiviazione, infatti, non solo si specifica che l’esumazione, tecnicamente è stata eseguita secondo la disciplina adottata dalla normativa vigente in materia, “ previa acquisizione dei prescritti pareri e con prescrizione delle modalità prescritte dalla legge”, ma anche che “ gli autori delle condotte denunziate, hanno agito con il manifesto intento di garantire la conservazione nel tempo dei resti del Santo e di assicurarli alla venerazione dei fedeli, secondo la prassi della Chiesa Cattolica… come del resto confermato dalla solennità dei riti religiosi attuati dopo l’apertura del sepolcro”.
Non c’è stata, dunque, nessuna volontà di profanare la salma di Padre Pio, ma solo il desiderio di offrire ai fedeli di tutto il mondo e per il più lungo tempo possibile il privilegio di poter pregare dinanzi ai resti mortali del santo Frate di Pietralcina. Del resto, conclude il giudice, “sarebbe singolare, anche solo ipotizzare che il trattamento rituale del corpo di un Santo, su disposizione dell’Autorità della Chiesa di cui egli fa parte e che ne ha proclamato la Santità, offenda il sentimento di pietà verso i defunti”. Non a caso la pratica della composizione e conservazione delle salme dei Santi, assolutamente consuetudinaria e risalente ai primi secoli dell’era cristiana, non ha mai determinato alcuna sanzione di carattere processuale.
Parimenti destituita di ogni fondamento è stata ritenuta la denuncia relativa alla presunta violazione del testamento spirituale di San Pio, che il 12 agosto1923 scrisse: " esprimo il mio desiderio che, ove i miei superiori non si oppongano, le mie ossa siano composte in un tranquillo cantuccio di questa terra”. Sul punto, le argomentazioni del giudice sono state assolutamente encomiabili, avendo egli colto non solo l’inciso del frate, per il quale le sue volontà tanto valevano se non in conflitto con quelle dei propri superiori, ma anche per aver compreso pienamente la ratio profonda di tale desiderio. Per il GIP proprio la reiterata insistenza dei denuncianti su tale aspetto testimonia la debolezza delle denunce in quanto, non solo già il giudice civile direttamente interessato della questione ne ha escluso la sussistenza, ma anche perché la dichiarazione del frate “… fu posta in essere nel lontano 12.8.1923, quando del frate Pio si sapeva poco o nulla, mentre, già al momento della sua morte, Padre Pio era tanto noto che non vi sarebbe stato un cantuccio su questa terra, che tale sarebbe rimasto dopo che egli vi fosse stato sepolto”. Del resto “anche il luogo in cui Padre Pio è stato sepolto al momento della sua morte…. Era già allora tutt’altro che anonimo….”.
Non è dato comprendere, pertanto, come possa essere possibile che il mero trasferimento della salma in altro luogo diverso dalla "terra" di San Giovanni Rotondo, peraltro mai ipotizzato nè ipotizzabile, possa integrare la violazione di quel sentimento di pietà verso i defunti che i denuncianti assumono essere stato leso con la esumazione. Del resto, argutamente osserva il GIP: “la rappresentazione del desiderio indicato… è accompagnata, come non poteva non essere, considerata la personalità del religioso di cui si sta discutendo, da una dichiarata remissione di ogni decisione al riguardo ai propri superiori”. E con ciò Padre Pio ribadiva la sua piena e totale appartenenza e sottomissione alla Chiesa e di essere rimesso alla Sua autorità. Non si ravvisano, dunque, violazioni non solo di diritto civile, ma anche di diritto penale e canonico. Anzi, la minuziosa inchiesta ha consentito, una volta e per sempre, di chiarire che tutte le operazioni sono state condotte in assoluta buona fede e che sono state unicamente finalizzate a garantire quell’esercizio di libertà di culto che, come scrive anche il Giudice per le Indagini preliminari di Foggia, essendo sentimento costituzionalmente garantito, già in sé varrebbe ad escludere l’antigiuridicità delle condotte in contestazione.
da: Teleradiopadrepio