LibriAmo a cura di Renata Grifa
“Non è soltanto per la donna che è morta” disse Montag.
“Durante la notte ho pensato a tutto il cherosene che ho versato in dieci anni.
E ho pensato ai libri.
Per la prima volta mi sono reso conto che dietro ogni libro c’è un essere umano.
Un essere che ha dovuto pensarlo e usare il suo tempo per metterlo sulla carta.
Non ci avevo mai riflettuto prima”.
Si alzò dal letto.
“Ad alcuni ci è voluta una vita per scrivere quei pensieri,
frutto dell’osservazione del mondo e della vita:
poi arrivo io e in due minuti, bum, è tutto finito”.
Fahrenheit, unità di misura della temperatura.
È lì, nell’elenco dei libri da leggere almeno una volta nella vita.
Fahrenheit 451, temperatura di combustione della carta.
Era lì, ed era una lettura sempre rimandata.
Un titolo che rimbalza ovunque, una trama più o meno nota “i libri sono vietati e bruciati da pompieri che non hanno il compito di spegnere incendi ma di appiccarli e dove pochi fuggiaschi imparano volontariamente i testi dei grandi classici a memoria per rimandarli alle future generazioni”.
È tutto corretto se non fosse che questo racconto è molto più di un libro, è molto più di una storia.
Calvino disse che “un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”, ebbene sì Fahrenheit è esattamente questo.
A distanza di più di sessant’anni dalla sua prima pubblicazione e ambientato in un fantascientifico futuro Fahrenheit risulta essere ancora oggi un libro drammaticamente fedele alla realtà dei nostri giorni.
“Perché non sei a scuola? Ti vedo in giro ogni giorno.”
“Oh, non sentono la mia mancanza” confessò Clarisse. “Sono un po’ asociale non mi pioace mescolarmi. È strano perché in fondo la società mi interessa, ma tutto dipende da cosa s’intende per stare insieme, non credi? […] ma nessuno fa domande, o almeno la maggior parte non ne fa; ci danno soltanto le risposte, bing, bing, bing, e noi ci sorbiamo quattro ore di tele-insegnamento. Per me questa non è società.
Una società che provando a negare la cultura distrae l’umanità con schermi e tecnologie che addormentano i cervelli piuttosto che informarli.
“Lasciami in pace” disse lei. “Non ho fatto niente, io.”
“Lasciarti in pace! Benissimo. Ma io come faccio a trovarla? La verità è che non abbiamo bisogno soltanto di tranquillità. Ogni tanto dobbiamo essere turbati, tanto per cambiare. Da quanto tempo tu non sei turbata davvero? Per qualcosa di importante, qualcosa che conta nella realtà?”
Ma il torpore non è eterno e non è per tutti.
E sarà proprio uno di loro interno al sistema a ribellarsi e a reagire a piccoli stimoli esterni che lo porteranno a vedere la cruda realtà in cui fin’ora ha vissuto e alimentato e a capire, ancora una volta, che quanto più qualcosa di buono è bandito, tanto più quel qualcosa può renderci liberi.