LibriAmo, a cura di Renata Grifa
“Si finiva sempre per tornarci a Parigi, chiunque fossimo, comunque essa fosse cambiata
o quali che fossero le difficoltà, o la facilità con la quale si poteva raggiungerla.
Parigi ne valeva sempre la pena e qualsiasi dono tu le portassi ne ricevevi qualcosa in cambio.
Ma questa era la Parigi dei bei tempi andati, quando eravamo molto poveri
e molto felici”.
Anni 20, come in una festa mobile veniamo travolti e introdotti in quella che è stata Parigi durante il suo maggiore stato di grazia, una Parigi dall’aria bohémienne come unica protagonista della vita artistica, culturale e intellettuale del periodo. Uno scenario da cartolina fatto di bistrot affollati dalle più grandi menti dell’epoca, stradine semibuie, piogge romantiche, bar ideali per scrivere e la voglia di salire anche noi lì al 27 di rue de Fleurus.
Senza nessun dubbio Festa Mobile è prima di tutto questo, un libro su Parigi, città che diventa crocevia per i più grandi artisti e intellettuali del momento, Picasso, Ezra Pound, James Joyce, F. S. Fitzgerald, tutti riportati a noi dal genio della penna di Hemingway.
Tra i tanti incontri di questa grande festa più di tutti spicca l’amicizia che Hemingway strinse con colei che era considerata vera e propria mentore per coloro che popolavano i circoli letterari parigini, Mrs Gertrude Stein, colei la quale tra consigli di stile e di vita definì una “génération perdue” quel gruppo di scrittori di cui lo stesso Hemingway faceva parte : “Ecco che cosa siete. Ecco che cosa siete,voialtri – disse la signorina Stein.Tutti voi giovani che avete fatto la guerra. Siete una generazione perduta”.
In questo romanzo autobiografico seguendo un apparente ordine cronologico, Hemingway, ormai a fine carriera, ripercorre gli incontri che segnarono gli anni più importanti della sua formazione da scrittore, anni in cui vaga per le strade di Parigi come squattrinato giornalista, anni in cui sebbene “la fame era un’ottima disciplina” nulla ferma il desiderio e la voglia di dedicarsi nel modo più assoluto a ciò per cui si è chiamati: scrivere, dar voce al genio che si agita dentro.
Sono pagine magiche quelle di un Hemingway seduto al cafè di Place St-Michel che con penna e carta in mano dà vita ad uno dei suoi tanti racconti ed è magia assistere a come fantasia e realtà sembrano confondersi a tal punto da non capire cosa sarà racconto e cosa vita reale “Ma nel racconto i ragazzi bevevano e questo mi fece venir sete e ordinai un rum St. James”.
Festa Mobile è un libro dannatamente fantastico, è un inno al vivere da artista, alla letteratura, all’arte, alle sue forme e alle sue difficoltà, un elogio alla libertà e alla continua voglia di esprimerla attraverso la scrittura “imparai a non pensare a nulla di ciò che stavo scrivendo dal momento in cui smettevo di scrivere al momento in cui riprendevo il giorno dopo. In questo modo avrebbe lavorato il mio subconscio e al tempo stesso io avrei ascoltato altra gente e notato ogni cosa. Avevo imparato a non vuotare il pozzo della mia fantasia, ma a fermarmi sempre quando c’era ancora qualcosa, là in fondo, e a lasciare che tornasse a riempirsi durante la notte con l’acqua delle sorgenti che lo alimentavano.” “Fare” invece che “descrivere”: questo è il vero scrivere!”
Costantemente in bilico tra ironia e disillusione Festa Mobile racconta senza filtri e con un grande coinvolgimento personale la formazione di uno dei più grandi scrittori del Novecento, oltre che mostrarci ritratti di Parigi che mai nessuno è più riuscito a descrivere in un libro, lasciandoci quel senso di nostalgia per cui “Se hai avuto la fortuna di vivere a Parigi da giovane, dopo, ovunque tu passi il resto della tua vita, essa ti accompagna perché Parigi è una festa mobile”.