LibriAmo a cura di Renata Grifa
Indica il fossato che abbiamo appena attraversato e che tra poco percorrerò a ritroso fino a tornare alla vita.
“Ricambiate i saluti militari, al vostro ritorno” mi intimi.
“Portatrici, vi chiamano. Vi considerano un reparto, e non a torto.
Credo sia la prima volta nella storia di un conflitto armato”.
Mi volto verso gli uomini accucciati con i fucili in mano.
I loro saluti rispettosi di poco fa non erano per il capitano.
Erano per me. Per noi.
Ilaria Tuti
Fiore di roccia, non poteva scegliere espressione più adatta Ilaria Tuti per dare voce, un po’ come Rosella Postorino con Le assaggiatrici, a quella parte di storia della Prima Guerra Mondiale che forse pochi, pochissimi, conoscono.
Chi sono questi fiori di roccia che la storia ha preteso a se nonostante la guerra non avrebbe dovuto avere nulla a che fare con loro, perché il nome di Portatrici?
Siamo lungo la Carnia, in Friuli, dove si combatte la guerra di trincea, dove uomini e soldati perdono la vita ogni giorno al ritmo di granate e attacchi alla cieca, dove per chi non le conosce anche le rocce appuntite diventano nemiche.
La guerra si svolge in cima, la vita riprende a valle.
Ed è proprio da quella valle che i battaglioni alpini attingeranno l’ennesimo aiuto per far fronte ad una guerra che forse nessuno di loro ha voluto, a cui sono stati semplicemente chiamati.
E a valle ci sono loro, donne, madri, figlie che non senza esitazione abbandonano tutto per lanciarsi in un’impresa che solo chi ha sul proprio corpo i segni di quella terra può affrontare.
La missione a cui vengono chiamate è quella di farsi carico di gerle piene di rifornimenti, medicinali e spesso anche munizioni e trasportarle al fronte, con ai piedi un semplice paio di scare di spago e stoffa, gli scarpetz.
Le portatrici lo sanno quanto tutto ciò sia pericoloso.
E lo sa Agata Primus, protagonista e voce narrante di questi viaggi da valle a cima senza mai la certezza di un ritorno.
Ogni salita diventa pretesto per indagare nell’animo di donne che sembra non abbiano nulla da perdere, ma che invece sono semplicemente donne che darebbero tutto per la propria terra e il proprio onore.
Donne cui la vita in quelle salite non darà neanche il tempo di aver paura perché la guerra non ha tempo da perdere.
Questo libro, questa storia, oltre ad offrirci l’opportunità di un punto di vista diverso, un punto di vista femminile sulla brutalità della guerra, dove il più delle volte il nemico è molto simile a un uomo, molto simile a noi, è senz’altro una bella testimonianza di ciò che troppo spesso la storia nasconde, o dimentica.
Grazie a Ilaria Tuti per aver onorato donne di forza come le Portatrici.