Gli alunni dell’IISS “Di Maggio” incontrano don Aniello Manganiello e Pier Paolo Mascione
Educare le nuove generazioni a saper riconoscere le condizioni che favoriscono il sorgere delle delinquenze e dei fenomeni mafiosi, individuare i parametri antropologici e valoriali che predispongono i giovani ad abitare la quotidianità ponendosi di fatto al di fuori della legalità.
Ecco alcuni degli obiettivi educativi suggeriti nell’incontro di sabato 10 novembre, presso l’Aula Magna dell’IISS “Di Maggio”, con don Aniello Manganiello, per anni il “prete” di Scampia, e Pier Paolo Mascione, agente di polizia, anche lui in servizio in quei luoghi e vicepresidente dell’Associazione “Ultimi”. Società apartitica e aconfessionale, che conta diversi presìdi in Italia e si occupa del recupero dei giovani con svantaggio socio culturale.
L’incontro si è aperto con il saluto del Dirigente Scolastico, il prof. Rocco D’Avolio. Nel suo intervento il Preside ha richiamato l’importanza educativa e formativa di eventi di tal genere, decisivi per far maturare nei giovani la consapevolezza di una cittadinanza attiva, di un’appartenenza meno superficiale alla res publica, contribuendo inoltre in modo determinante a diffondere una cultura della legalità. «Obiettivi da sempre cari alla scuola – ha aggiunto il Dirigente – che mira alla formazione integrale dei giovani, non prescindendo dalla dimensione affettiva. Perché essere solidali significa anche saper amare il prossimo, e quindi edificare su questo fondamento la città».
La parola va all’agente di polizia Pier Paolo Mascione. Una testimonianza forte, per certi tratti drammatica, che ha reso vivo il senso dello Stato e della legalità di un uomo che ha scelto di spendersi per il bene e per la giustizia. Ripercorrendo le sue vicissitudini familiari e le motivazioni che lo hanno spinto a chiedere di essere inviato a Scampia, l’agente Mascione ha introdotto l’attento e coinvolto uditorio nel retroterra socio culturale di Scampia, mostrando ai ragazzi sintassi (ordinamenti) e grammatica (regole e linguaggi) di questo luogo. Cosa sono le “piazze”, chi sono e che cosa fanno i “pali”, quale gergo segnala l’arrivo delle volanti di polizia, chi sono i “visitors” ma anche e soprattutto cosa può spingere un giovane a fare il pusher o a prostituirsi.
Interrogativi ripresi e approfonditi da don Manganiello, conosciuto a livello nazionale come il prete anticamorra, come colui che ha testimoniato un Vangelo incarnato nelle pieghe, spesso oscure, di una storia che in un certo modo invoca l’irruzione di una “buona notizia”, della speranza dell’Evangelo. Tutto sommato è semplice quello che un sacerdote o un uomo di fede o anche uno che ama il bene e la giustizia può fare. Si tratta, ha spiegato il religioso dell’ordine dei guanelliani, di non scendere a compromessi con il male, di non giustificare l’errore, di non dire: “Si è sempre fatto così, quindi …”. Ma anche di non cedere allo scoraggiamento, sebbene spesso ci si possa sentire soli. Lo ha ripetuto più volte: “Spesso sono stato lasciato solo!”; “Alcune decisioni le ho dovute prendere da solo”. I potenti infatti temono la profezia, perché questa viene a sconvolgere i loro piani, soprattutto di ordine economico, ha spiegato don Manganiello. Il suo non è stato un monologo, ma un dialogo franco e aperto. I giovani hanno apprezzato e non sono mancate le domande. Eccone alcune: “Hai avuto mai paura di morire?”; “Quali sono state le minacce maggiori?”; “Cosa ti spinge a rischiare così?” ecc. Certamente ci vuole coraggio. Quello di don Aniello nasce dalla fede in Cristo, in Colui cioè che, non a caso, ha iniziato il suo ministero terreno dai poveri e dagli ultimi, e questo vorrà dire qualcosa. L’esperienza di don Manganiello è sintetizzata nel volume “Gesù è più forte della camorra”, Edizioni Rizzoli, i cui proventi servono per sostenere l’Associazione “Ultimi”.
Significativa la scelta di concludere l’incontro con un test sulla legalità. Domande che interpellano situazioni ordinarie, della vita di tutti i giorni, per verificare se esista una naturale predisposizione all’illegalità, e educarsi invece ai valori del rispetto e della tolleranza. Insomma basta davvero poco per scegliere il bene e prepararsi ad essere, parafrasando don Bosco, che di giovani se ne intendeva, “buoni cristiani e onesti cittadini”.