“Un ricordo indelebile che mi accompagna: La visita ad Auschwitz”
Un giorno dell’agosto 2010 rimarrà fisso nella mia mente e nel mio cuore: è stato il giorno in cui mi sono recato a visitare il campo di concentramento di Auschwitz Birkenau.
Fin dal primo momento attraversando il cancello di ingresso al campo con la tristemente scritta famosa “Arbeit Macht Frei”, nel mio cuore si instaurano sentimenti di terrore che mi fanno pensare “riuscirò a vincere questa mia sfida con una delle pagine più nere della storia dell’uomo?”
Il campo fu fondato nel 1940, inizialmente doveva servire per accogliere i prigionieri polacchi per poterli (è proprio così) sterminare; solo in un secondo momento i nazisti decisero di deportare gente da tutta l’Europa, non solo Ebrei, ma anche Sovietici Zingari e Rom. Non tutti sanno che il vero nome di Auschwitz in polacco è Oswiecim solo con l’avvento del terzo Reich il nome si tramuto in Auschwitz. È stato un colpo al cuore vedere quelle baracche cha a massimo regime ospitavano 20.000 prigionieri.
Nel 1941 si decide di costruire un secondo campo in un paesino vicino, ad Oswiece (a 3 chilometri di distanza) infatti nasce Birkenau (in polacco Brzezinka). Il massimo della pazzia selvaggia nazista si ha quando si visitano i resti dei quattro forni crematori, le camere a gas e lo scalo ferroviario dove avveniva la selezione e dove veniva comunicato ai prigionieri che l’unico modo di fuggire dal campo era la ciminiera del forno crematorio.
Altra parole tristemente famosa ad Auschwitz è “Ziklon B” gas che serviva per sterminare i prigionieri nelle apposite “camere”. Tutt’oggi è ancora possibile vedere i barattoli di questo gas prodotto dalla ditta “Degesch”. Tra il 1942 ed il 1943 ad Auschwitz ne furono usati 20.000 Kg! Il terrore e l’obbrobrio raggiunge il massimo quando la guida racconta che ai cadaveri gasati vengono estratti i denti d’oro, tagliati i capelli, sfilati i vari monili per poi poter portare i corpi ai forni crematori.
Se si va ad Auschwitz non si può fare a meno di visitare il “Muro della morte” dove i nazisti fucilarono migliaia e migliaia di persone, e dove viene spontaneo recitare un’Ave Maria o un Padre Nostro, ma allo stesso tempo ci si chiede se erano uomini o animali! Il mio cuore e la mia anima propendono per la seconda opzione.
Auschwitz è comunque il luogo dove si possono vedere i luoghi dove sono vissuti personaggi eroici che hanno dato la propria vita per salvare quella degli altri è il caso di San Massimiliano Kolbe, eroe e martire.
All’uscita dal cancello per il ritorno in albergo una leggera brezza mi sfiora i capelli e l’esempio di San Massimiliano Kolbe un po’ mi consola, perché dopo tante brutture e tanta malvagità, l’esempio di questo umile fraticello mi riempie il cuore di gioia e mi fa pensare che tanta tanta malvagità, non riesce a superare il gesto di quest’uomo che cristianamente e non, ha vinto!
Concludo questa mia breve testimonianza con una poesia di Primo Levi che esprime tutto l’orrore dei campi di sterminio:
“Se questo è un uomo”
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Salvatore Trotta