La giornalista e scrittrice intervenuta per presentare il suo nuovo libro “Il ritorno”
C’era tanta gente ieri alla libreria Fahrenheit per accogliere la giornalista Giuliana Sgrena, a San Giovanni Rotondo per sostenere il candidato di Sinistra Ecologia e Libertà Giuseppe Longo e per presentare il suo nuovo libro “Il ritorno”.
Giuliana Sgrena attualmente collabora con Il Manifesto e RaiNews24 ed ha tra le sue pubblicazioni più famose si ricorda “Il fuoco amico” e “Il prezzo del velo”.
La sua ultima fatica parla del ritorno in Iraq, nei luoghi dove fu rapita il 4 febbraio 2005 dall’Organizzazione della Jihiad islamica mentre si trovava a Baghdad per realizzare una serie di reportage per il suo giornale; è stata liberata dai servizi segreti italiani il 4 marzo in circostanze drammatiche che hanno portato al suo ferimento e all’uccisione di Nicola Calipari uno degli agenti dei servizi di sicurezza italiani che dopo lunga e efficace trattativa la stavano portando in salvo.
“Sono tornata a Baghdad – racconta la Sgrena, rispondendo alle domande di Valeria Lauriola – seguendo un percorso del tutto personale per superare il trauma del rapimento, un ricordo indelebile che non si cancella. Dovevo tornare in Iraq per trovare ancora i pezzi di me che avevo lasciato, confrontandomi coi luoghi e con la realtà dolorosa di quel paese”.
La giornalista parla dell’Iraq che ha ritrovato: “Qui in Italia non si parla più di Iraq. Tornando ho trovato alcune cose identiche a come le avevo lasciate come la distruzione e le ferite della guerra. Ho trovato però nella gente più positività come se Baghdad avesse ricominciato a vivere, un popolo non più ostaggio della paura. Una popolazione che ha sconfitto psicologicamente il terrorismo e il fondamentalismo”.
Si parla poi del ruolo dell’America: “Gli iracheni hanno molta fiducia in Obama. Il ritiro completo delle truppe però avverrà solo quando ci sarà un governo locale all’altezza di reggere il potere da solo. Gli americani sono ancora lì sostanzialmente per difendere i loro interessi e quindi il petrolio. E poi non dimentichiamo la guerra privatizzata con i cosiddetti “contractors”, i mercenari che svolgono il lavoro sporco per le security private dei vari paesi. Si conta che tra Iraq e Afghanistan essi siano più di 240 mila”.
La Sgrena torna sulle polemiche che hanno caratterizzato la sua liberazione: “In America ho avuto l’occasione di incontrare Mario Lozano, il marines che sparo contro la nostra auto e uccise Calipari, ma lui non volle incontrarmi dicendo che io era la causa di tutte le sue disgrazie. Molti mi additano la responsabilità di quello che è successo soprattutto negli Stati Uniti”.
Infine la giornalista si concede una riflessione sull’attuale stato dell’informazione in Italia: “Tengo a precisare come non mi piaccia la definizione di inviato di guerra, in quanto molti pensano che noi per lavorare abbiamo bisogno delle guerre. Il nostro mestiere lo intendo invece nell’andare sul posto, parlare con la gente e verificare le fonti, altrimenti è meglio stare a casa. In Italia poi abbiamo una informazione militarizzata e blindata, un servizio pubblico inesistente che promuove una informazione omologata bloccando lo sviluppo del senso critico dei cittadini. Faccio l’esempio dell’Aquila dove la situazione è ben diversa da quello che ci fanno vedere in tv o su alcuni giornali. Questo è giornalismo militarizzato”.
ALV