Le considerazioni di Matteo De Vita
In questo periodo chiunque abbia dei figli che vanno a scuola, si è ritrovato tra le mani, oltre ai soliti moduli d’iscrizione, anche un bollettino intestato alla scuola per il pagamento di un contributo volontario scolastico, la cui cifra viene indicata dal Consiglio d’Istituto.
In ragione dei principi di obbligatorietà e di gratuità , alle scuole non è consentito imporre tasse o richiedere contributi obbligatori alle famiglie di qualsiasi genere o natura per l’espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all’assolvimento dell’obbligo scolastico. Eventuali contributi per l’arricchimento dell’offerta culturale e formativa degli alunni possono dunque essere versati dalle famiglie solo ed esclusivamente su base volontaria. Pertanto il pagamento delle tasse scolastiche erariali rappresenta la sola condizione indispensabile per la regolarità dell’iscrizione e della frequenza degli alunni appartenenti al segmento di istruzione non obbligatoria.
Siccome le scuole non risultano titolari di autonomo potere impositivo di tasse e contributi, facoltà questa riservata esclusivamente allo Stato, non possono obbligare il cittadino a pagare alcun tipo di somma e non possono rifiutare una domanda di iscrizione a causa del mancato pagamento., ma possono solo deciderne l’entità e stabilire le attività per le quali è destinato.
Gli studenti che abbiano adempiuto all’obbligo scolastico hanno solo l’obbligo di versare le cosiddette tasse scolastiche e nient’altro. L’impianto normativo tuttora in vigore in tema di tasse scolastiche (art. 200 d.lgs 297/1994) prevede quattro distinti tipi di tributo: di iscrizione (6,04 €), di frequenza (15,13 €), di esame e di rilascio di diploma.
Le famiglie possono chiedere l’esonero dal pagamento in caso di meriti scolastici, meriti economici e appartenenza a speciali categorie di beneficiari (orfani di guerra, invalidi per causa di servizio o di lavoro e ciechi civili).
I contributi scolastici dovrebbero essere finalizzati all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa (DL. 40/2007 Legge Bersani). Nella realtà le scuole li utilizzano spesso per compensare la riduzione dei finanziamenti statali cosa al quanto inammissibile.
I contributi volontari versati alle scuole durante l’arco dell’anno scolastico, possono essere detratti dalle persone fisiche nella misura del 19%, purché venga conservata la ricevuta del versamento e nella causale sia stata specificata la seguente dicitura: erogazione liberale per (almeno una delle seguenti motivazioni) innovazione tecnologica; ampliamento dell’offerta formativa; edilizia scolastica e non in modo generico “contributo scolastico”. Spesso le scuole, per evitare di far scoprire alle famiglie che il contributo è volontario, non forniscono questa indicazione. Così il contributo pagato si va a confondere con voci generiche all’interno del bilancio della scuola e non può essere nemmeno detratto dalle tasse .
Come ampiamente spiegato nei punti precedenti, ogni studente ha diritto ad usufruire dei servizi didattici essenziali senza dover pagare, proprio perché il contributo scolastico volontario dovrebbe essere destinato ad ampliare l’offerta formativa. Pertanto l’unico contributo che uno studente è tenuto a pagare alla propria scuola è rappresentato dal rimborso delle spese sostenute dalla stessa per conto delle famiglie: libretto delle giustificazioni, carta per le pagelle (che alla fine del quinquennio restano allo studente) e polizza assicurativa, sempre che la la scuola ne abbia sottoscritta una. Queste voci di spesa non possono superare i 20-25 euro. Quindi bisogna fare presente al Dirigente Scolastico che si ha intenzione di pagare alla scuola solo il rimborso di queste spese mediante una lettera inviata con raccomandata A/R. Nella lettera si deve comunicare le intenzioni di pagare solo la parte del contributo scolastico strettamente obbligatoria, citando documenti e leggi elencati precedentemente, allegando preferibilmente una copia.
Il Ministero da anni sta tagliando i fondi destinati agli Istituti Scolastici, pertanto per riuscire ad assicurare il funzionamento delle scuole sono costretti a chiedere soldi alle famiglie. Se una volta il contributo era meno oneroso e destinato ad ampliare l’offerta formativa, oggi serve soprattutto a garantire il funzionamento base delle scuole: manutenzione, pulizia, materiale di consumo da ufficio come carta e toner, ecc. Inoltre serve ad anticipare il denaro per pagare le supplenze brevi, che in teoria sono a carico dello Stato ma in pratica da anni ricadono sulle scuole pur non essendo previsti dei fondi appositi.
Le risorse finanziarie delle scuole provengono sia dallo Stato oppure tramite entrate proprie, nonché da contribuzioni volontarie, sponsorizzazioni, alienazioni di beni e forniture di servizi prodotti dall’istituzione scolastica, contratti di locazione finanziaria, donazioni, eredità e legati.
Quindi è comunque lecito richiedere alle famiglie un contributo volontario, perché l’uso di quest’ultimo deve essere una buona opportunità di crescita e miglioramento del sistema scolastico, solo che ultimamente se ne sta facendo un cattivo uso e abuso da parte delle scuole.
Il 44° rapporto Censis ha stabilito che l’85 % delle scuole italiane utilizza questo sistema ingannevole e l’82 % delle famiglie paga perché non informato correttamente e quindi confonde il contributo con la tassa scolastica.
Se le famiglie ne hanno la possibilità, si consiglia comunque di pagare, perché la richiesta delle scuole è giustificata spesso da una reale necessità di sopravvivenza. Per contro se non si ha la possibilità economica, la legge tutela e offre la possibilità di sottrarsi al pagamento del contributo.
E’ importante fare riferimento al POF (Piano dell’Offerta Formativa) che viene deliberato ogni anno dal Consiglio d’Istituto, nel quale devono essere indicati l’importo, gli obbiettivi da raggiungere, i criteri di riduzione e/o esenzione dal contributo, in riferimento ai criteri di reddito, merito e disabilita e le modalità di detrazione. Infine è opportuno comunicare il tutto ai genitori, i quali possono verificare se il denaro è speso bene o male attraverso il servizio erogato dalla scuola così da poter garantire una maggiore trasparenza. Ma molte volte questo non avviene, perché l’importo dei contributi e standard per tutte le famiglie e gli obiettivi vengono indicati in modo generico sotto la dicitura “contributo scolastico”, quindi bisogna fare molta attenzione.
L’Ufficio Scolastico Provinciale è l’organo competente a cui segnalare questi abusi.
Noi non vogliamo essere presi in giro. E non sottostiamo a questo abuso diffusissimo nelle scuole italiane, facendo finta di non capire, perciò credo sia giusto diffondere queste informazioni.