Grande partecipazione al forum promosso da Legambiente
“Esiste un futuro per il Parco Nazionale del Gargano?” è questo l’interrogativo a cui si è cercato di dare una risposta durante il forum promosso da “il diario Montanaro”, il quotidiano “l’Attacco” e “Legambiente”, svoltosi sabato 16 novembre presso il Laboratorio Urbano per la Legalità di Monte S.Angelo.
Tanti gli ‘attori’ territoriali presenti, a cominciare dagli organi di informazioni sino ad arrivare agli operatori turistici, più che mai convinti che il Parco del Gargano possa diventare una risorsa economica da sfruttare nel pieno delle sue potenzialità.
Un dibattito intenso che ha visto protagonisti Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette di Legambiente; Franco Salcuni, presidente di Legambiente Monte Sant’Angelo
Gianfranco Eugenio Pazienza, presidente di Legambiente San Giovanni Rotondo; Stefano Pecorella, Presidente del Parco del Gargano coordinati dal direttore de “l’Attacco” Piero Paciello.
E’ toccato ad Antonio Nicoletti aprire il dibattito: “Finalmente abbiamo un Ministro con cui poter parlare e col quale potremo riaprire il discorso sulle aree protette”, ha dichiarato il responsabile parchi di Legambiente. “Cosa possono fare le aree protette in questo momento di crisi? Pensiamo al Parco d’Abruzzo. Lì si sono date risposte concrete ed efficaci sulla conservazione delle specie protette. Un parco deve ‘parlare’ all’economia di un territorio, solo così sarà possibile creare occasioni di sviluppo”.
Pungente l’intervento del Presidente Pecorella: “Negli ultimi tempi ho assistito a polemiche sciocche e strumentali sulla gestione del nostro ente Un parco come il nostro è essenziale per la conservazione del territorio. Un’area protetta produce reddito, in termini di IVA, in misura maggiore che nelle aree non protette. Senza contare i benefici in termini di benessere. Il Parco del Gargano sta realizzando cose che non si realizzano da nessun’altra parte”.
Secondo Gianfranco Pazienza anche la cultura ambientalista e l’attivismo sta avendo un nuovo slancio grazie ai social network e ai nuovi mezzi di informazione: “Sta nascendo una nuova rete di attivismo tra le tante associazioni del territorio. Un Parco oggi va amministrato con una coscienza più che mai ambientalista, che porti ad una programmazione logica delle cose, con una pianificazione che parta dal basso e che sia condivisa tra gli attori del territorio”.
Anche Franco Salcuni si unisce al Pazienza-pensiero: “Manca la capacità di fare sintesi tra tutte le istanze del territorio: politica, burocrazia e cittadini. Bisogna trovare il perfetto asset di questi pianeti affinché le cose funzionino. In quasi venti anni abbiamo buttato una intera generazione di energie e conoscenze umane. 24.000 persone sono andate via dal nostro territorio negli ultimi due decenni. Risorse che non torneranno più e che potevano rappresentare l’arma in più per far decollare il nostro territorio. Bisogna vincere una sfida che è soprattutto culturale. Non vedo sul territorio la capacità di fare comunità e coltivare le risorse migliori per questo dobbiamo sforzarci tutti di aumentare la competitività del Parco del Gargano attraverso la valorizzazione del proprio capitale umano, per non rischiare di perdere un’altra grande occasione”.
Dopo il primo giro di interventi si è aperto il dibattito che ha visto avvicendarsi numerose testimonianze: da tutti è emerso il fatto che il Gargano, inteso come territorio geografico, sia poco o quasi mai identificato con il Parco del Gargano.
Potrebbero servire delle piccole accortezze. Un esempio? Mesi fa il Presidente Pecorella consegnò a ciascun comune dell’area protetta la bandiera del Parco Nazionale del Gargano. Nella lettera che accompagnava il dono il Presidente esortava ogni amministrazione comunale ad esporre la bandiera del Parco al pari di quella italiana ed europea. Nessun comune ha accolto l’invito di Pecorella. Altri esempi? Pochi comuni nella cartellonistica stradale riportano la dicitura ‘Comune del Parco Nazionale del Gargano’. Nessun comune usa il logo del Parco sulla sua carta intestata.
Far parte del Parco del Gargano, a mio modesto avviso, dovrebbe essere un orgoglio per una città e per un territorio. Esponiamo le bandiere, installiamo il logo del Parco sulla cartellonistica, stampiamolo sulla carta intestata. Facciamo in modo che il Parco Nazionale del Gargano sia riconosciuto da ogni singola amministrazione comunale, dagli operatori turistici e da tutti gli ‘attori’ del territorio come una risorsa che ci possa identificare. Solo sentendoci parte del Parco lo potremo sentire come nostro.
antonio lo vecchio
gargice
Politicamente, che indipendenza ha il Parco? Nessuna, mi pare.
Difatti i comuni per i propri interessi si “scannano”.
Il problema di far comunità nell’area garganica è un problema non nuovo.
Il PNG dovrebbe essere una forza in più, un distintivo garganico, invece è conosciuto generalmente come un limite allo sviluppo (forse ancora poco sostenibile).
Penso che in Italia manchi una vera cultura dell’ambientalismo, a tutti i livelli.
Mi auguro che il PNG sia più presente nella vita dei garganici e non sia più un posto per “sistemare persone”.Sante Barbano
hook
Quando parliamo di Parco del Gargano parliamo di 125000 ettari di territorio, in cui c’è di tutto: interi paesi, infiniti terreni da coltura, una cava, per non parlare delle infinite discariche abusive. All’epoca dell’istituzione del Parco tutti gli amministratori si dannarono per inserire all’interno di esso quanto più territorio possibile, in una sorta di equazione subdola: più territorio, più soldi da gestire, e invece tutti sappiamo com’è andata e sta andando.
Ritorni in termini economici in 18 anni nessuno, vincoli a dismisura, controlli su un territorio tanto grande pochi o nulli.
Paradossale poi la gestione delle risorse, basta farsi un giretto per i boschi per vedere ettari ed ettari di alberi sparire dall’oggi al domani: querceti, pinete, pioppeti ecc., avvantaggiando un tipo di flora a danno di altre snaturalizzando il territorio garganico, tendendo a preferire piante ad alto fusto rispetto a quelle a basso fusto, senza studiarne gli effetti negativi sulla fauna e sulla flora stessa. Perché la gente, badate, non gli amministratori, sono negativi nei confronti di un Parco sordo alle esigenze del territorio? La risposta sta nel fatto che il Parco è lontano anni luce dalla gente che giornalmente ne vive direttamente le peculiarità e le esperienze. Anche il turismo è lontano, rimanendo collegato principalmente a quello estivo o quello religioso. Quando si parla di milioni di turisti sul Gargano non è difficile fare una selezione, relegando quello direttamente legato al Parco a poche migliaia.
Credo sia giunto realmente il momento di riparlare di parco affinché se ne riveda l’impostazione, i confini e la partecipazione più fattiva di chi vive il territorio e non di chi lo gestisce dall’interno di uffici in giacca e cravatta.Giovanni Canistro