di Alberto Cavallini
direttore Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi
L’annuncio gioioso dato dall’arcivescovo mons. Domenico D’AMBROSIO, delegato della S. Sede per il Santuario e le Opere di s. Pio, della ricognizione canonica del corpo del santo frate stigmatizzato del Gargano, atteso come evento di preghiera e accolto con commozione dai moltissimi e veri devoti e figli spirituali del santo cappuccino, ha puntualmente provocato alcune sterili polemiche, riportate dai quotidiani.
Ma ieri, proprio chi è stato già sconfessato dai familiari ed eredi del Santo circa l’intrapresa polemica, ha cercato attraverso la televisione nazionale, per mero scoop giornalistico e ricerca affannosa di spazio e visibilità personale, una parvenza di credibilità nella distorsione dei fatti, attaccando selvaggiamente la figura e l’opera del nostro Pastore, vero ed unico custode dell’opera iniziata da s. Pio, innescando, di conseguenza, un insieme di risposte e interventi imprecisi e, a volte, a dir poco estemporanei, anche perché fatti anche da altre persone ospiti che, dichiaratesi insieme a lui devote del santo, in realtà ben poco forse lo testimoniano e dimostrano nella loro vita.
E’ appena il caso qui di ricordare che l’ Arcivescovo della nostra antica Chiesa locale si è indefessamente prodigato, in ubbidienza al mandato ricevuto nel marzo 2003 dal servo di Dio il papa Giovanni Paolo II che lo ha nominato arcivescovo della Chiesa di Manfredonia-Vieste-S.Giovanni Rotondo, a “custodire i carismi che lo Spirito ha suscitato e continua a suscitare in codesta amata porzione della Chiesa santa di Dio” compresa “la eredità preziosa di s. Pio da Pietrelcina”.
E’ perciò giunta inaspettata attraverso il canale di RAI-Uno, la continuazione del diverbio sulla “ricognizione canonica” decisa dall’Autorità ecclesiastica e contestata da parte di alcuni sedicenti devoti, dimostratisi come se avessero necessità di difendere ancora il Santo cappuccino, non si sa bene da chi e da cosa.
I laici, per loro natura, non hanno competenza in una materia così speciale, riservata alla saggezza della Chiesa, che è Madre e Maestra e che ben sa quanto sia necessaria una ricognizione canonica al solo fine di “aiutare molti a scoprire la bellezza della santità e di permettere anche alle generazioni che verranno di venerare e custodire al meglio le spoglie mortali di s. Pio”.
E’ oltremodo una disputa sterile quella inscenata ieri da parte di chi vuole che una tomba di un santo resti inviolata. Di queste dispute è piena la storia del Cristianesimo, in passato non mere speculazioni volte ad ottenere visibilità mediatica, cosa invece ben ottenuta, oggi, attraverso il servizio pubblico nazionale, il quale a sua volta ed assai incautamente non ha valutato la persona o le persone invitate in studio, tutte contrarie all’evento, le quali, anzi, della tv si sono servite per vilmente attaccare l’Autorità religiosa.
Affrontare questa materia, relativa all’eredità preziosa lasciataci da s. Pio, espressione magnifica della spiritualità e della storia della nostra gente, in maniera sensazionale, tagliuzzando frasi e distorcendone il senso, al solo fine di suscitare un certo interesse negli ascoltatori del common information space televisivo, perseguito peraltro con “parole pesanti” nei confronti dell’Arcivescovo, non può non meritare che censura e ferma smentita.
E dunque, a tutti noi che siamo ammirati devoti del santo cappuccino del Gargano, noto in tutto il mondo per la sua umiltà e obbedienza all’Autorità Ecclesiastica, non resta che accogliere con l’ansia e l’attesa propria di ogni cristiano, quanto già autorizzato dalla S. Sede apostolica per le ricorrenze ed eventi che la divina Provvidenza ci dona di vivere in questo anno appena iniziato, non dimentichi dell’esempio e dell’esperienza tramandatici dai padri e dallo stesso umile s. Pio.
Manfredonia, 14 gennaio 2008
Alberto Cavallini
direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi