“Una storia, una piazza”
Esistono guerre sporche e guerre pulite. La mia opinione è diversa: tutti i conflitti armati sono sporchi delle vite sottratte a chi vi partecipa o ne rimane coinvolto. In ogni caso, su entrambe le parti in lotta cade sempre una pioggia rossa, una pioggia di sangue.
Alla fine dei conflitti ci sono sempre storie difficili da raccontare, intrise di lacrime, dolore e sangue. Proprio come quella del Caporalmaggiore Pasquale Dragano. Una storia da raccontare per non dimenticarla, quella di un ragazzo sereno e tanto lavoratore, così lo ricordano i vicini che lo hanno visto crescere, gli amici.
Faceva il muratore con suo padre, ma un giorno, chiese al padre una firma per andare volontario nell’esercito. Sua madre non voleva che diventasse soldato, dopo aver vissuto tre mesi con il cuore in gola per l’altro figlio, volontario in Bosnia.
Era così determinato che convinse i genitori. I suoi cari vissero la nuova esperienza di Pasquale con la speranza che un giorno avrebbe cambiato idea per tornare a impastare calce. Ma Pasquale aveva sposato seriamente l’arma, l’esercito. Era così fermamente convinto che tranquillizzava i suoi dicendogli che quella scelta era un lavoro in cui lui credeva.
Era il più bravo di tutti a caricare le armi, era un armiere perfetto, un ragazzo in gamba e responsabile che dimostrava di più dei suoi 21 anni.
Pasquale aveva un fisico massiccio e sorriso aperto, bersagliere volontario che a poco si sarebbe congedato, dopo tre anni di vita militare dedicata alla Pace.
La vita del soldato è fatta di missioni, di guardie notturne. Quella sera era il turno del soldato Pasquale Dragano.
Il blindato di Pasquale era assegnato per una missione importante. La sorveglianza a uno dei siti sotto indagine da parte del tribunale dell’Aja sui crimini di guerra. Nel settore italiano del Kosovo l’aria era molto tesa. Erano stati richiesti rinforzi. Stavano arrivando gli alpini della Taurinense, il 152esimo reggimento Sassari, il battaglione San Marco e un intero reggimento corazzato.
Un soldato che opera per la Pace non teme pericoli e quando viene chiamato al servizio risponde senza temere.
La sera del 24 giugno 1999, mentre nella sua San Giovanni Rotondo si celebrava la festa patronale, intorno alle ore 20, durante il servizio di pattugliamento, a causa di un malaugurato incidente, nella fase di allestimento del mezzo, moriva Pasquale.
Il blindato targato EI AH 226 era ancora sporco di sangue. Sulla fiancata sinistra, vicino al serbatoio, il colore grigioverde si era mescolato al rosso cupo. Dentro, altro rosso, sparso dappertutto. Le tragiche tracce di una vita finita brutalmente un giovedì sera. Tre colpi di mitragliatore Beretta, che hanno trapassato il braccio del Caporalmaggiore Dragano e gli sono penetrati in testa.
Gli amici che dividevano vita in caserma e licenza in Puglia, videro il corpo prima di portarlo via, sembrava che dormisse. Sono gli stessi amici che raccontarono tra le lacrime come, otto giorni prima, Pasquale avesse confessato loro di aver fatto un brutto sogno: una pallottola lo colpiva al braccio.
La storia di Pasquale termina su un automezzo verde a 21 anni, ma il ricordo di quel maledetto 24 giugno perpetua in ognuno di noi. Di questa storia rimane il ricordo di un figlio di questa terra che per la Pace ha donato la vita. A noi non resta che continuare a ricordare il sorriso e la speranza di cambiamento di un giovane di 21 anni.
Oggi una Piazza cerca di ricordare questa storia, un dramma che colpì l’intera comunità sangiovannese, ma le condizioni di degrado in cui versa Piazza Dragano, dovrebbero ritenersi inaccettabili in una città che nel 2014 voglia dirsi civile.
Doveva essere il simbolo di un dolore, invece ben presto si è trasformata nell’emblema del degrado. L’erba intorno lasciata crescere in modo selvaggio e quella manutenzione inesistente che lascia campo libero a vandali e incivili.
Già, perché l’incuria e la noncuranza rendono inaccessibili gli spazi pubblici e se i cittadini non possono appropriarsene e renderli davvero bene comune, allora a farli propri sarà sempre quella minoranza ben felice di trovare zone franche da deturpare.
Ma questa è la solita storia di una cattiva politica che non rispetta neanche la memoria dei propri cittadini.
Berto Dragano