di Maurizio Tardio
Ho seguito tutti gli appuntamenti e devo dire che il format realizzato da Comunicarturismo prende sempre più quota con l’avvicendarsi degli appuntamenti. La formula è quella iniziale: tanti, forse troppi, interventi. Grande enfasi, suggestioni a volontà e parole in libertà, anche se condite qua e là da qualche interessante spunto. L’evento così più che un seminario viene corrotto, abbassato, a una più banale presentazione. Scorrono immagini, si leggono cartelli, si elencano cifre, ma della Via Francigena non c’è traccia.
Prova a indirizzare il discorso sull’antica Strata la presentazione di Gennaro Giuliani, presidente di Comunicarturismo, ma l’ex sindaco di San Giovanni Rotondo lascia intuire che legge parole vergate da altri (a proposito “interessante” il ritrovarsi a uno stesso tavolo dell’ex sindaco e dell’ex piddino Cusenza; sarei curioso di vedere quanti voti prenderà Renzi a San Giovanni Rotondo…).
Più interessante l’intervento del giovane archeologo Feliciano Stoico l’unico (dopo quello di Matteo Ciavarella in un precedente incontro) che merita attenzione, anche se il suo “inquadramento storico” lascia il passo alla promozione della folcloristica carovana di pellegrini che desta non poche perplessità. Così come trovo poco efficace l’idea di preoccuparsi di segnalare luoghi che “non sono più”, dimenticandosi di quelli che “sono”. Forse la Via Francigena è un percorso per necrofori?
Ecco, a mio avviso, una grave mancanza dei seminari: si parla di “ciò che è stato” e di “ciò che sarà”, tralasciando ogni riferimento a “ciò che è”. Ovvero alle testimonianze che rendono viva la Via Francigena.
Ci ha provato Antonio Tedesco, ricercatore e ora anche camminatore (le due cose dovrebbero andare di pari passo: un camminatore è un ricercatore della Storia, e un ricercatore è un camminatore nella Storia), a raccontare aspetti che riguardano il percorso francigeno locale. L’incontro di San Giovanni Rotondo è stato ospitato nell’auditorium della chiesa di san Leonardo che, per i pellegrini, rappresentava, e rappresenta, un punto di riferimento “strategico” nel cammino verso la Sacra Spelonca. Eppure nel seminario nessuno ne parla. Nessuno racconta l’eccezionalità storica del luogo. È più interessante parlare di “rete” dei cammini, di progetti di integrazione religiosa, di programmi festivalieri, di borse internazionali del turismo. La visione globale prende il sopravvento su quella locale, laddove il locale dovrebbe stimolare e guidare il globale.
Si vede la mano di Federico Ceschin, fautore di una prossimità prossima: se stesso. Ceschin (a proposito ma quanti ruoli ha: in un incontro è definito “esperto di marketing”, in un altro “rappresentante di Comuncarturismo”, in un altro ancora “rappresentante di Bitrel/Vie Sacre. Ora Se Bitrel è un marchio di Promodaunia, perché non c’è nessuno a rappresentare la società consortile della provincia di Foggia?) è a suo agio nel disegnare futuri scenari di promozione territoriale. È un futurista (nel senso di rappresentare una realtà in continuo dinamismo). Dipinge la sua tela, preoccupandosi poco del soggetto che cambia secondo le convenienze. Il suo intervento è di grande effetto ma s’intuisce che la Via Francigena è solo un pretesto. Eppoi se, come ama ripete nei seminari (a proposito perché definirli seminari?), il tema “Via Francigena del Sud” è un progetto da definire, cosa si dice e a nome di chi si parla nei vari congressi, anche internazionali, dove la Puglia viene rappresentata? Se fossi amministratore di un comune interessato al percorso della Via Francigena chiederei conto su come e con quali motivazioni si rappresenta un territorio dove vive la comunità che amministro.
I seminari si trascinano piuttosto stancamente, anche perché gli interventi programmati sono a contorno del piatto cucinato da Ceschin. È successo anche a San Giovanni Rotondo, dove pure c’era un discreto pubblico. Ma nessuno dei relatori (a proposito perché l’Università di Foggia continua a prestare il suo patrocinio alla manifestazione se non c’è alcuna base scientifica né didattica?) ha spiegato perché si chiama Via Francigena, ma soprattutto qual è il suo percorso. Così come nessuno spiegherà che sulla Via Francigena è stato costruito un doppio bluff. Il primo riguarda il tratto fino a Roma: con una forzatura si è partiti da Canterbury perché faceva comodo per il riconoscimento del Consiglio europeo. Il secondo è il “nuovo” tratto da Roma in giù, che fa comodo a Opera Romana Pellegrinaggi (il più grande tour operator al mondo). La Via Francigena del Sud, così come la vuole ORP, non esiste. E poco importa se si cerca, in modo maldestro, di mettere una pezza alle serate dedicate al tema, definendo i seminari incontri sulle Vie Francigene. A San Giovanni Rotondo qualcuno ha moltiplicato le Vie (ma padre Pio non c’entra). Presto lo vedremo camminare sulle acque…