L’Approfondimento
di Gennaro Palladino
Pubblichiamo
di seguito l’approfondimento di Gennaro Palladino sulla complessa vicenda del “Giallo
del Parco del Papa” che ha portato il comune di San Giovanni Rotondo a farsi
carico di un debito di oltre 1,7 milioni di euro a titolo di risarcimento danni
alla famiglia Bramante.
Quanto riportato non fa riferimento né accusa nessuno in particolare delle evidenti
negligenze (e non ci spingiamo oltre perché non è nostro compito) commesse da
ben oltre 20 anni.
Sappiamo bene che l’iscrizione in bilancio di poste passive in esecuzione di
una sentenza non esonera l’Ente Locale da responsabilità considerato che l’obbligatorio controllo
dei bilanci da parte della Corte dei Conti porrà in essere tutti gli
accertamenti del caso.
Nessuno vuole il male di nessuno. Vogliamo solo che la nostra comunità sappia
cosa è avvenuto, cosa dicono gli atti ufficiali e cosa c’è dietro a quello che
in tanti, amministratori e non, hanno velocemente liquidato “nascondendo il
tutto sotto il tappeto”. Poi, come accennato, se gli organi preposti
accerteranno degli illeciti ed altro è giusto che i responsabili se ne facciano
carico.
Il nostro invito e quello dell’autore dell’approfondimento è di stimolare
attraverso le nostre pagine un confronto sull’argomento, civile e di arricchimento.
Prima
parte
Non sembra anche a voi di vivere nel paese dei balocchi?
Dalle assurdità che circolano in questi giorni, pare di sì. A distanza di
vent’anni, nel momento in cui il nostro si conferma un Comune economicamente
virtuoso, "alla scurdata" salta fuori una sentenza della Corte
di Cassazione che intima al Comune di risarcire la famiglia Bramante per la "modica"
cifra di un milione e 721.000 euro
per un esproprio risalente al 1986 quando si doveva reperire un’ampia area per
l’accoglienza di S.S. Giovanni Paolo II avvenuta il 23 maggio del 1987.
Se le cose stiano effettivamente così, la premessa potrebbe
essere pressappoco questa.
Con questo articolo, ci limitiamo a
riportare i fatti, così come li ha
descritti a Radio Montecalvo il sindaco del tempo, Nicola De Bonis.
Intervista (come quella rilasciata al Corriere del Sud) in cui traspare una
determinazione dell’allora sindaco nel fare, per l’occasione, le cose alla
grande a dispetto di tanti che suggerivano di costruire solo un palco
provvisorio.
Della zona in questione, l’attuale Parco del Papa, era già
stata espropriata una superficie di 1.000 mq per farci un orinatoio pubblico, per
cui sarebbe stata chiesta la restante area al Sig. Bramante il quale avrebbe posto – a quanto dichiarato da
De Bonis – il semplice problema che in quel tempo ad occupare quei terreni ad
uso pascolo c’erano i sigg. Canistro ai quali, parrebbe, si sia dovuto
concedere in proprietà un ettaro di quel terreno come buonuscita per
usucapione. De Bonis riferisce che fece presente al Sig. Bramante che
l’amministrazione non avrebbe potuto corrispondergli un corrispettivo poiché la
Regione Puglia nell’86/87 non aveva ancora stabilito i prezzi di esproprio che
vennero emanati negli anni 95/96. Ma – a suo dire – a titolo di compensazione sarebbe
stato concesso alla famiglia Bramante un aumento di indice di edificabilità per
una loro lottizzazione in Viale Cappuccini e questo accordo – sempre a detta di
De Bonis – sarebbe stato siglato e protocollato dal Segretario Comunale alla
presenza dell’allora tecnico dell’ufficio comunale ing. Serricchio.
Riferisce inoltre De Bonis di essere intervenuto, quando nel
2000 seppe della sentenza del Tribunale di Foggia, presso l’ex sindaco Avv.
Squarcella per informarlo che nulla era
dovuto ai ricorrenti in quanto la questione era stata chiusa in virtù di
quell’accordo, meravigliandosi del comportamento degli eredi Bramante. Nel
momento in cui venne a conoscenza della sentenza della Cassazione, si rivolse
anche all’attuale Sindaco Giuliani per delucidarlo sulla documentazione e
questi, pare, abbia chiesto una "lettera aperta" in modo da
permettergli, ufficialmente, un approfondimento della questione.
A parte la presunzione di De Bonis nel ritenere questa
intervista una risposta alla richiesta del sindaco Giuliani, possiamo
senz’altro ritenere che, comunque di "carne
al fuoco" ne abbia messa tanta.
Se così fosse, sarebbe:
– abbastanza per incuriosire la cittadinanza sulla correttezza della civica
amministrazione;
– abbastanza da sollevare più di un interrogativo sulla veridicità di quanto
affermato in quanto ad oggi non esiste (o al momento non si trova) alcun atto
di quanto detto;
– abbastanza per sollevare perplessità fra i tecnici ed i burocrati di quel
tempo;
– abbastanza per una presa di posizione da parte dei sigg. ingegneri locali su
un "presunto" aumento di cubatura che possiamo definire "ad
personam";
– abbastanza per gli attuali consiglieri comunali, amministratori e politici
vari che, seppur impotenti di fronte ad una sentenza definitiva, danno, però
l’impressione di voler dimenticare in fretta e voltare pagina.
Con una simile cifra, quante opere e quanti progetti si
potrebbero realizzare; quanti servizi si potrebbero offrire e quanti disservizi
ed ulteriori tasse evitare ai cittadini. Se volessimo fare una divisione, virtualmente
tutti i cittadini di San Giovanni Rotondo compreso i neonati dovrebbero tirar
fuori dalle tasche all’incirca 70 euro cadauno per coprire quella cifra. Con i
tempi che corrono….!!!
Ma
dov’è l’assurdo di questa vicenda? A mio parere è nel troppo silenzio su queste
dichiarazioni!
Non è stato perfezionato l’esproprio del terreno, che a quei
tempi (86/87), ma anche nel ’95, sarebbe stato di un costo irrisorio.
Chi ha redatto il progetto del Palco del Papa e quello dell’intero Parco
avrebbe dovuto conoscere anche gli atti di proprietà.
Ammesso ci fosse stato un atto di donazione, dove potrebbe essere?
Siamo d’accordo con De Bonis quando afferma che in questa faccenda ci sia
qualcosa di “illegale”.
La puzza la sentiamo tutti e ci
chiediamo, a parte il fatto che adesso bisogna pagare, a chi tocca impegnarsi nel
ricercarne le responsabilità?
Nella seconda parte cercheremo di approfondire la questione senza dimenticare
che è in atto un altro importante contenzioso della stessa natura.
Seconda parte
Dopo aver illustrato nella
prima parte i termini della vicenda del parco del Papa, tentiamo ora di
approfondire un po’ la questione senza la presunzione di essere esaustivi.
Dalle carte risulta che:
– Con delibera n. 155 dell’11/10/75 il consiglio
comunale dava l’autorizzazione
all’esproprio del terreno dell’insula F45 da destinare a verde
pubblico;
– In data 5/10/77 veniva redatto il tipo frazionamento che divideva detto
terreno in a e b rispettivamente pari a 30540 mq e 32324 mq e di cui non c’è alcun riscontro in catasto.
3-Con delibera di C.C. n.129 del 20/03/82 viene
approvato il progetto per la recinzione.
– Il Decreto di occupazione d’urgenza n° 48 risale
alla data del 15/03/83 con il quale il Sindaco il 03/06/83 dispone la data di
immissione in possesso per pubblica
utilità (Parco pubblico attrezzato) e
non, come asseriva De Bonis in imminenza della venuta del Papa (maggio’87)
quando invece con due delibere di consiglio comunale (n° 35 e 37) dell’87 si reiterava la pubblica utilità onde
evitare la prescrizione.
– Delle opere che il Comune si impegnava ad
eseguire, solo il primo stralcio è stato
eseguito (£.100.000.000) e come tutto il resto non è stato portato a
termine.
– La realizzazione del Palco del Papa in cemento
armato non era contemplato nel
progetto di massima del parco per cui stravolge completamente il progetto
originario e per il quale si evince la discordanza nella data di inizio dei
lavori (26/03/87) e quella del contratto (in sanatoria) stipulato con la ditta
esecutrice dei lavori (15/03/89).
– Idem per l’elettrificazione, la cabina Enel e parte
della recinzione.
In sintesi nel momento in cui
dopo dieci anni (giugno 93) si va a verificare l’entità delle opere da
realizzare per giustificare l’occupazione dei terreni del Bramante (Fg 58, part.10728,
particella 1893 di 30540 mq), si evince dalle dimensioni che non tutta l’area insiste sulla zona F
destinate a spazi pubblici e attività collettive ma parte della quale è zona CM con destinazione mista
residenziale, commerciale ed artigianale e della quale la famiglia ha lamentato la illegittima occupazione richiedendone la
restituzione; gli interventi risultano assolutamente
insufficienti e che la stessa realizzazione delle opere non ha
interessato larga parte della proprietà lasciata in stato di abbandono per un
lungo periodo.
Dal momento in cui trascorsi
i termini il Comune non ha portato
a termine quanto progettato per l’esproprio, su ricorso degli eredi
Bramante, il Tribunale di Foggia con sentenza n.1089/2000 condanna il Comune, a titolo di risarcimento
danni per occupazione definitiva del suolo, al pagamento di £.4.280.744.564
oltre interessi maturati e spese legali.
Al che il Comune contestando il provvedimento ne chiede la sospensione e
ricorre in appello. Alla notifica dell’atto di precetto non sono mancate prese
di posizione da parte di quasi tutti i consiglieri comunali dell’epoca (C.C.
del 20/10/2000).
Tutti hanno condannato l’operato dei
sindaci che si sono succeduti dal 1983 e le gravi responsabilità dei funzionari
che dovrebbero garantire una certa continuità da un’amministrazione all’altra.
Non è mancato chi come Squarcella, seriamente interessato a
non lasciar passare la questione, chiedeva
un approfondimento sulle responsabilità poiché la legge mette in condizione
di ricorrere al Consiglio di Stato e di “promuovere l’azione di responsabilità
patrimoniale personale presso la Corte dei Conti” e addirittura proponeva che
la vicenda si discutesse” con ampia partecipazione dei cittadini”; chi come Salvatore Mangiacotti nel ricordare
l’avvicendamento di almeno 15 amministrazioni, ha posto in evidenza la
necessità per il Comune di ”dotarsi di
un Ufficio Legale”; chi come Pasquale
Cascavilla attribuiva maggiori responsabilità alla poca attenzione dei funzionari dell’epoca;
chi come Gennaro Giuliani nell’attribuire
responsabilità in ugual misura sottolineava come i dirigenti hanno disattentamente sottovalutato l’evoluzione
giurisprudenziale che avrebbe condannato il Comune a questi notevoli
esborsi; chi come Cusenza proponendo
di costituire Commissioni d’indagine,
metteva in guardia non tanto per queste che hanno avuto ormai una sentenza ma
soprattutto per le probabili minacce per qualche altra citazione in corso;
oppure chi come Cavorsi proponeva
un tentativo di conciliazione.
Ed eccoci ai giorni nostri
quando con sentenza del 18/02/08 la Corte di Cassazione condanna il Comune
al pagamento di Euro 1.596.975,11 l’equivalente di £ 3.092.175.000 (mq
30540 x £ 101,250) come stabilito dalla perizia C.T.U. da rivalutarsi a partire
dal 30/06/93 secondo gli indici ISTAT ed interessi legali sul capitale iniziale
e sugli incrementi annuali da rivalutazione fino al saldo.
E anche in questa occasione, condanna unanime da parte
di tutti i consiglieri comunali per le amministrazioni dell’epoca e non è mancato
chi (Mauro
Cappucci) ha richiesto di verificare le dichiarazioni apparse sui
giornali e se nella ricerca di qualche documento, chissà dove nascosto, possano
esserci gli estremi per riaprire il discorso.
L’ente
pubblico per adesso paga ma potrebbe rivalersi verso gli amministratori e
dirigenti che si sono macchiati di dolo.
Ebbene oggi nel momento in cui, per pagare, è stato deliberato (n. 38 del
21/10/08), fra l’altro, di contrarre un mutuo per l’importo di € 1.750.000,00
non altrimenti finanziabile, non si
riscontra quell’approfondimento auspicato e perfino proclamato in alcune
circostanze. Piuttosto si dà
l’impressione di voler subito dimenticare e tirare avanti.
Nell’agone politico locale e anche
nell’attuale Consiglio Comunale sono ancora presenti molti di quei personaggi
che in varie vesti ci rappresentavano in quell’epoca ed in quella seduta di
C.C. del 20/10/2000.
– Che fine hanno fatto le buone
intenzioni, le proposte, gli impegni proclamati?
– Si è poi tentato una conciliazione?
– Dov’è quella Commissione d’indagine
proposta?
– In cosa è consistito
l’approfondimento per l’accertamento delle responsabilità?
– E del Consiglio Comunale
monotematico aperto al contributo della cittadinanza che ne è stato?
L’utilità e la necessità di un
approfondimento per arrivare a delle responsabilità dipendono anche dalla
spinta dell’opinione pubblica e conosciamo bene e purtroppo quella
sangiovannese!
Io personalmente temo che, sebbene il depuratore sia
stato allontanato, “una certa puzza” continueremo comunque ad avvertirla!
E…..tanta!
Gennaro Palladino