LibriAmo a cura di Renata Grifa
La notizia arrivò all’alto Commissariato britannico di Nairobi alle nove e trenta di un lunedì mattina. Per Sandy Woodrow fu come una fucilata, che lo colpì diritto nel suo cuore inglese diviso. Era in piedi, con i denti stretti e il petto in fuori, questo lo ricordava. Era in piedi e il telefono interno stava squillando. Aveva allungato il braccio per prendere qualcosa, ma lo squillo l’aveva interrotto inducendolo a chinarsi per sollevare la cornetta e rispondere: “Woodrow” o forse: “Pronto, Woodrow”. Certamente era stato brusco, lo ricordava. La sua voce gli era parsa quella di qualcun altro, un po’ tagliente
John le Carré
Non è certamente tra i romanzi più famosi di John le Carré, ma è senza dubbio tra quelli che ti lasciano senza fiato fino all’ultima pagina.
Gli ingredienti ci sono tutti, pathos, ritmo incalzante, rapimenti e sotterfugi degni di quella che è stata una delle migliori penne della letteratura del Novecento.
Tessa, moglie di un diplomatico inglese con la passione per il giardinaggio, viene trovata priva di vita lungo le sponde del lago Turkana, in Kenya. Del suo accompagnatore nessuna traccia.
Justin, rimasto vedovo, si rende improvvisamente conto di aver forse dato più attenzione alle sue piante che alla sua Tessa, di cui nulla o poco sapeva.
Cosa ci faceva nel cuore del continente Africano? Cosa aveva scoperto di così pericoloso da indurre qualcuno a volere la sua morte? Quanto c’entra il suo legame con l’ospedale di Nairobi e con quelle multinazionali del farmaco che…?
Domande che per Justin non possono restare senza risposta e che lo porteranno ad imbattersi in un viaggio forse più grande di lui, ma a cui non può sottrarsi.
Da qui il resto è il genio indiscusso di uno degli scrittori più acuti e geniali che il nostro secolo abbia avuto e che è venuto a mancare lo scorso 12 dicembre a causa di una polmonite al Royal Cornwall Hospital.
Scrittore per passione, ex MI6 di professione, John le Carré, pseudonimo di David John Moore Cornwell (alle spie non è consentito apparire con il loro nome reale) è stato da sempre considerato l’alternativa chic al suo conterraneo Ian Fleming, ben più noto grazie alle fascinose avventure libresche e cinematografiche di James Bond, tanto che nell’ambiente si parla fin da subito di anti-Bond.
Ma più che le differenze dei personaggi, niente donne bellissime, niente parco auto da sogno, niente paesaggi fantastici, ciò che è diverso nelle spy stories di le Carré è quel tocco di realismo che lascia il lettore con l’eterno dubbio se ciò di cui sta leggendo sia forse, in un posto remoto, successo davvero.
Il giardiniere tenace, cui la storia di Tessa e Justin si intreccia allo spionaggio e alla denuncia sociale contro gli intrighi che vedono coinvolti i grandi capitalisti mondiali, è uno dei suoi thriller più riusciti, sebbene rinchiudere il romanzo in un genere sia riduttivo per uno scrittore di tale calibro.
E vuole questa essere, più che una vera e propria recensione, un omaggio a chi ha dato voce a quella spia venuta dal freddo che nonostante il mancato Nobel avrà adesso la gratitudine eterna di tutti noi lettori.