A venti anni dalla morte dei giudici Falcone e Borsellino
Avevo undici anni mentre ascoltavo mio padre che elogiava il lavoro dei giudici Falcone e Borsellino, per lui emigrato in Germania all’età di sedici anni sarebbe stata una grossa rivincita poter tornare in fabbrica a testa alta, con la gioia di appartenere agli italiani che disprezzano la mafia.
In poco meno di due mesi, la strage di Capaci (23 Maggio 1992) e la strage di via D’Amelio (19 Luglio 1992) hanno infranto, con le bombe, i sogni dei cittadini che agognavano la fine della mafia.
Oltre alle vittime ufficiali (Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina) le stragi hanno causato innumerevoli vittime morali, persone che non si fideranno mai più di uno Stato indegno di pretendere la ” S ” maiuscola ed organizzato in maniera tale da avvantaggiare i soggetti senza scrupoli a danno dei cittadini per bene, i quali vedono archiviare la loro sete di giustizia in casse di legno sigillate con i segreti di Stato.
Il lato peggiore di tutta la vicenda riguarda il “gioco grande”, un espressione che utilizzava il giudice Falcone per chiamare in causa i colletti bianchi ovvero personalità mafiose o collusi che ricoprivano cariche importanti ( banchieri, politici, notai, avvocati, ecclesiastici, ecc.) i quali non appena sono stati sfiorati dalle accuse hanno emesso la sentenza di morte per i due Giudici.
Oggi conosciamo a stento gli esecutori materiali e gli pseudo-mandanti delle stragi, ma incalcolabili sono le dita che virtualmente hanno premuto gli interruttori che hanno innescato le bombe, impedendo così la capitolazione della dirigenza del nostro Paese più che della mafia.
In pochi hanno provato ad estirpare la menzogna sulla quale si basa il nostro osannato sistema democratico, ma puntualmente i loro nomi sono finiti nell’elenco dei martiri a cui tutti dobbiamo riconoscenza, anche solo, per averci indicato la strada da seguire per sentirci orgogliosi di appartenere ad una Nazione fondata e basata sulla legalità.
Emanuele Merla