“Lu sinneche dilli morte” di F.P. Fiorentino, al Cinema Palladino il 13, 14 e 15 dicembre
Non si tratta di un semplice momento di svago che narra la storia tormentata di due amanti (Fulippe e Rosa) in fuga che si nascondono nel cimitero, dove li attende un custode burbero e ilare (Vincenze) che litiga di continuo con la moglie (Nardina).
Sì, è questo ma non solo: nella fantasia di Francesco Paolo Fiorentino (1935-1986) pittore, poeta e commediografo di San Giovanni Rotondo “Lu Sinneche dilli morte” rappresentava anche la scotomizzazione della morte, un ridere di essa, perché a volte è giusto ridere per un evento della vita così serio e inevitabile, tenendola il più possibile lontano dai nostri pensieri.
Nella fantasia del regista Lio Fiorentino, figlio del grande artista garganico, questa commedia è come un sogno e nel sogno, cioè del nostro inconscio albergano desideri e paure che se portati a galla possono produrre cambiamenti in ognuno di noi e forse anche in una società che necessita sempre più di onestà e di meritocrazia.
L’ouverture recitato da Nicholas Fiorentino, figlio del regista e nipote del commediografo ne è un chiaro esempio. E poi in quest’opera teatrale scritta nel 1983, troviamo interessanti riflessioni sul raggiungimento dei desideri, sulle contraddizione che ogni progresso scientifico porta in se, sul caos comunicazionale da cui siamo quotidianamente avvolti, spinti in questo da immagini televisive che ci lasciano attoniti dagli anni ’80 fino ad oggi. Vi è anche un dialogo interiore che, con la lirica “Non penso più” di Lio Fiorentino, apre allo spettatore uno spazio di riflessione sulle molteplici dimensioni dell’essere di cui una è quella di fare le esperienze di se stessi, percependosi da quell’ “unicum” che pensiamo di essere a “una modalità scissa in poli drammaticamente fratti” (E.Galbo).
C’è questo nel teatro di Francesco Paolo Fiorentino, interpretato dagli artisti di provincia (Nicholas Fiorentino, Stella Fini, Salvatore Sassano, Antonio Tortorelli, Cristina Mugnano, Pasquale Urbano). E poi c’è un bambino che…