Romano Prodi, il centro sinistra e la maledizione di Tutankamon
di Gianfranco Pazienza
Dopo le dimissioni di Walter Veltroni – con l’ennesimo risultato sfavorevole al percorso del nuovo partito Democratico – il dibattito si è riaperto, nenache a dirlo, sulle esperienze precedenti di Romano Prodi. L’unico candidato che per ben due volte è riuscito a vincere le elezioni sfidando Silvio Berlusconi.
La formula politica vincente di Romano Prodi è stata quella di un centro-sinistra allargato (certo, pieno di difetti, ma vincente), dalla sinistra al centro; l’ultima volta allargato persino a Mastella e proprio lui ha aperto la crisi di governo, attaccando Romano Prodi da una posizione vaticanense. Il sacrificio patriottico, neanche a dirlo, la contestata presenza del Papa Benedetto XVI all’apertura dell’Anno Accademico all’Università La Sapienza. Il solito dualismo Stato laico – Stato confessionale. In realtà agli inizi di gennaio 2008, qualche settimana prima, Walter Veltroni aveva dichiarata conclusa l’esperienza di coalizione, di volere correre da solo alle elezioni, senza la zavorra della sinistra ex comunista, quindi decretava la fine anticipata del Governo Prodi. Dando vita al Partito Democratico e, nelle intenzioni di chi l’ha partorito, dovrebbe bastare da solo a vincere sul centrodestra.
Per ben due volte con il Presidente del Consiglio Romano Prodi, la prima nel 1998 quando non si trovò l’accordo con Rifondazione, sostituito poi dal Governo D’Alema; la seconda volta nel 2008, anche per la fretta di Veltroni di accelerare la fine della coalizione bipolare, il governo di centro-sinistra si mette in crisi da solo.
Per ben due volte non solo viene seppellita la figura vincente di Prodi, nei fatti viene messa in crisi quell’esperienza riformista, peraltro sostenuta dalla sinistra: la prima volta siamo entrati in un virtuoso periodo di stabilità economica, accettando l’introduzione dell’Euro; la seconda volta risanato i conti, visto il debito pubblico accresciuto dall’azione del Governo Berlusconi. Quella sinistra ha poi perso il suo elettorato, proprio per questo sostegno all’azione riformista, senza mai ottenere nulla di suo in cambio, di quanto sottoscritto con i riformisti, con il programma di governo.
Per ben due volte, dopo aver fatto cadere i governi Prodi, il centrosinistra (tutte e due le volte si è presentato senza la sinistra) perde contro Berlusconi: un volta con Rutelli nel 2001, la seconda volta con Veltroni nel 2008.
Questa appare come una “Maledizione di Tutankamon”, e si abbatte anche sui due personaggi più in vista della scena, ovvero Massimo D’Alema e Walter Veltroni, condannati ad una rivalità eterna come nei fumetti capita ai due paperi cugini, più famosi del mondo: Gastone e Paperino.
Con la beffa di una formula di stabilità voluta per il PD come partito unico del bipartitismo “sognato”, ma non praticabile, mentre si mostra nudo come l’insieme di tante correnti, come piccoli partiti divisi su tutte le questioni etiche e sull’opinione espressa su questi temi dal Vaticano: diritti dei conviventi, testamento biologico, fecondazione, uso delle cellule staminali etc. Ma anche su come interpretare le riforme costituzionali e il conflitto di interessi, ci sono nel PD tanti piccoli partiti. Non regge, quindi, la colpa di una sinistra radicale, rompiscatole e litigiosa. Il problema non è questo, il tormento è, a mio avviso, un altro: l’elettorato ha ben compresa l’assoluta mancanza di una proposta politica soddisfacente, perchè gli elettori possano scegliere chiaramente quale futuro si debba dare questo nostro Paese, sempre più perso.
L’assenza di una politica unitaria riguarda soprattutto il giudizio da attribuire al sistema lavoro-imprese. Qui la riflessione, all’interno della sinistra, è davvero su universi separati. Su di tutti pesa il dilemma se chi fa impresa e offre lavoro, appartiene al mondo del lavoro o a quello dell’accumulazione capitalistica. Oggi sarebbe anche più semplice la sintesi sull’argomento, visto il livello di crisi causato dalla finanzia mondiale: sia chi lavora sia le imprese, sono massacrate dalla stessa perversione emersa nel balletto banche-speculazioni finanziarie. Altro elemento che ci aiuterebbe a riflettere sul tema, è questo: sia il lavoro, sia il mondo dell’impresa, per continuare ad esistere, hanno bisogno di un comune supporto, quello offerto dell’innovazione, della ricerca scientifica e tecnologica (siamo sempre più fanalino di coda tra i paesi cosiddetti ricchi). Lavoro e impresa hanno bisogno di politiche di sostegno per ora e per il futuro. Su queste politiche, proprio il centro sinistra avrebbe da svolgere un ruolo di prim’ordine.
Eppure …
Gianfranco Pazienza