di Francesco Lenoci
Presidente Centro Studi socio-economici “Donato Menichella” e vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi – Milano
Rocco De Rosa mi ha fatto dono del suo libro “L’universo di Padre Pio”, Rubbettino Editore 2006, che ritrae sulla copertina il volto di Padre Pio, il 27 ottobre 2007.
Eravamo a Martina Franca ed aveva appena finito di intervistarmi, per conto del TG3 Puglia, sulla relazione che avrei svolto poco dopo “L’eccezionale valenza del made in Italy”.
Perchè Vi dico questo? . . . . Perché una cosa è per me parlare di economia, ben altra cosa è parlare di un Santo – “Faro di luce ed Epifania dell’Amore Crocifisso”, come l’ha definito l’arcivescovo D’Ambrosio – questa sera, nella Chiesa di San Ferdinando a Milano, a pochi giorni dall’esposizione delle sue spoglie mortali alla pubblica venerazione a San Giovanni Rotondo.
Mi permetto di farlo, trovando soccorso nelle bellissime parole pronunciate dal professor Enrico Medi in occasione del funerale svoltosi quarant’anni fa, ricordate a pag. 151 del libro: “Padre Pio perdoni che una voce tanto povera e tanto bassa parli di Lui! Ma qui per parlare insieme con noi Lui è voluto salire nell’alto dei cieli ed è qui in mezzo a noi col Suo sorriso, con
Mia madre è devota di Padre Pio. Da anni riproduce il volto di Padre Pio con l’uncinetto (filet), inserisce il meraviglioso manufatto in una cornice e ne fa dono a chiunque glielo chieda.
Quel prezioso quadro abbellisce anche la mia casa a Milano: è la prima cosa che vedo quando rientro a casa la sera. . . . e mi rasserena . . . .sempre.
La domenica, dopo
Non ho avuto la grazia di conoscere Padre Pio di persona. Quando facevo il chierichetto andai con
Quando frequentavo le scuole medie, ebbi il privilegio di avere come insegnante di religione un prete che aveva conosciuto Padre Pio. Ci raccontava tanti episodi: quelli che mi incuriosivano in maniera particolare riguardavano i colloqui di Padre Pio con le anime del Purgatorio . . . ancora adesso non so spiegarmi il perché!
La mattina del 1° luglio 2005 ero a Foggia e decisi che dovevo tornare a San Giovanni Rotondo. Ne parlai con il tassista, che mi stava portando all’Agenzia delle Entrate di Foggia, che si disse disposto a venirmi a riprendere la sera e ad accompagnarmi a San Giovanni Rotondo. Concordammo anche il prezzo . . . giusto, onesto.
Feci lezione dalle 9,30 alle 17,30: sette ore di lezione sui bilanci delle banche. Al termine trovai il taxi ad attendermi: era però cambiato il conducente. Mi disse: “Mio cognato ha avuto un impegno . . ., ma non si preoccupi, lo sostituisco io”.
Lo confesso: ho pensato male: “Sicuramente mi dirà che non sapeva niente dell’accordo e alla fine della corsa mi farà pagare tantissimo”.
Perché Vi sto dicendo questo? . . . . per farvi capire che stavo andando a San Giovanni Rotondo non reduce da un ritiro spirituale, bensì da una giornata di lavoro e dai pensieri non certo edificanti che ci affliggono quotidianamente.
Lungo il tragitto il mio atteggiamento è cambiato. . . . a causa del paesaggio.
Utilizzo le bellissime parole di Rocco De Rosa a pag. 13 del libro:
“Le rocce del Gargano sono diverse da quelle solite che s’incontrano ai bordi delle strade: più incisive, più profonde, più eloquenti. Quasi umane nel loro aspetto. Dimostrazione di umiltà e di ubbidienza, quelle rocce non disegnano scenari fastosi, né mondi fondati sulla gloria, il lusso, la potenza. Tutt’altro. . . . Il Gargano è luogo di pace. È una terra speciale, che ha ospitato il Frate giunto da Pietrelcina, che ha scelto quella terra come suo approdo, perché corrispondente al suo disegno interiore. Lui è testimonianza e storia, avvertono le rocce”.
Sono arrivato a San Giovanni Rotondo. Ho concordato con il tassista che sarei tornato alla macchina dopo un’ora.
Mi sono precipitato nella Chiesa:
Sono sceso nella cripta e sono andato davanti al sepolcro. Per me l’immagine del sepolcro non era nuova, era familiare: l’avevo vista e rivista su Tele Padre Pio. Ma era cosa ben diversa essere in quel luogo santo . . . . Ho cominciato a pregare . . . .ho cominciato a piangere . . . .e non riuscivo a smettere . . . .
Ho visitato la cella, ho comprato delle spille raffiguranti Padre Pio . . . . sempre piangendo. Dopo circa un’ora sono tornato al taxi. Il tassista, premuroso, mi ha chiesto se mi sentivo bene. “Si”, gli ho risposto, “Sto bene; torniamo a Foggia, per cortesia”. Ho continuato a piangere lungo tutto il tragitto. Ho smesso solo quando sono arrivato alle porte di Foggia.
Ebbene, leggendo sabato 12 aprile il libro di Rocco De Rosa ho rivissuto quelle emozioni, quelle sensazioni . . . . Grazie, Rocco. Grazie di cuore, Amico mio.
Mi avvio alle conclusioni, leggendo quanto riportato a pag. 142 del libro. Una meravigliosa testimonianza di Amore, Modestia, Dolcezza e Umanità.
Si tratta della meditazione scritta da Padre Pio il 4 agosto
“ . . . .Poche ore ci separano dalla visita della Mamma nostra: non ci facciamo trovare con le mani vuote e con il cuore pieno ancora di affetti, che non sono né santi né puri davanti agli occhi della Madre.
Quindi svuotiamoci. Prepariamoci a fare un’accoglienza degna di una Mamma. E di una sì gran Mamma.
Lei viene con le mani piene di grazia e con il cuore pieno di amore per noi. Quindi, facciamo altrettanto per quanto dipende dalla nostra debolezza e prudenza; non ci risparmiamo.
E allora sì che questa Mamma celeste sarà contenta di noi e non si pentirà di una visita tutta straordinaria per noi povere creature. . . .”
Padre Pio, lo sappiamo tutti, ha avuto . . . . ed ha dei nemici.
Un suo grande Amico, sia in terra che in cielo, è Papa Giovanni Paolo II, che il 16 giugno 2002, proclamandolo Santo, disse: “Insegna anche a noi, ti preghiamo, l’umiltà del cuore, per essere annoverati tra i piccoli del Vangelo, ai quali il Padre ha promesso di rivelare i misteri del suo Regno”.
Sia lode e gloria al Signore.