LibriAmo… speciale Giorno della Memoria, a cura di Renata Grifa
E il popolo eletto da Dio si mosse all’unisono, dalla piattaforma d’accoglienza, seguendo un ingannevole angelo del Signore verso il Campo II. Forse i loro antenati avevano seguito allo stesso modo Mosè attraverso il deserto, dall’Egitto verso una promessa di salvezza. Il Campo II non avrebbe dato loro la stessa speranza.
Franco Forte e Scilla Bonfiglioli
Tanto si è detto, tanto si è scritto, moltissimo si è raccontato, ma quanto abbiamo davvero imparato?
E può l’orrore della Shoah essere raccontato da chi era l’autore materiale di una carneficina senza eguali nella storia dell’umanità?
Può un ufficiale dai lucidi stivali neri e dall’uniforme impeccabile avere diritto di parola, raccontare la storia dal suo punto di vista?
Chi erano i nazisti? Erano davvero tutti diabolicamente uguali?
Siamo nella Germania del 1943, la guerra imperversa ovunque, un uomo, Hans Heigel arruolato nell’esercito tedesco per amore di una patria che si è rivelata più malata di quanto pensasse, si ritrova neanche troppo all’improvviso ad abbandonare il suo tranquillo ufficio di Osnabruck per una nuova destinazione: il campo di concentramento di Sobibór prima e quello di Majdanek poi.
Da quel momento in poi nulla resterà più della sua vita precedente, sua moglie Ingrid, sua figlia Hanne, nulla se non la sua umanità.
L’orrore cui ogni giorno è costretto ad assistere è quello che non deve mai essere dimenticato: migliaia di corpi inermi in una silenziosa marcia verso la morte.
Hans nonostante tutto continua ad essere un fedele servitore del Reich, fino a quando un giorno improvvisamente in quella fila di “fantasmi ancora in vita” si ritrova davanti a sé gli occhi splendidi e immensi di sua figlia Hanne, oppure è Leah? poco importa, quella bambina deve essere salvata.
Proteggere Leah diventa l’unica ragione di vita di Hans Heigel mentre intorno a lui continua a imperversare terrore e morte.
Uno strato di morti, uno strato di terra. E poi ancora morti, e terra, e morti.
Presto le enormi fauci del campo furono saziate, colmate fino all’orlo.
Di notte le sepolture si gonfiavano. Come se i morti cercassero pace, oppure provassero a rotolarsi sui fianchi o sulla schiena, per mettersi più comodi in quel loro sonno sinistro. Le fosse ricolme si sollevavano, per riabbassarsi all’alba liberando miasmi di morte.
Majdanek respirava.
Hans sarà costretto a tirare fuori un coraggio che non gli è stato richiesto per riuscire a salvare dal quell’inferno anche solo una vita, lui stesso indirettamente si macchierà di crimini nefasti quando avrà tra le mani “il libro della morte” pur di far vivere Leah.
Non sappiamo se quella della bambina e del nazistasia sia una storia vera, verosimile o completamente inventata, certamente non si fatica a credere alle atrocità che fanno da sfondo all’intera storia, una realtà che a suo tempo ha di gran lunga superato la fantasia. Una realtà che non va dimenticata, parlandone, guardando un filmato o “raccontando una storia, una storia che il rabbino insegnava ai bambini, tanto tempo fa, prima che il mondo andasse in malora continuò lei. Diceva che lo scorrere del tempo era come un fiume e che, trovandosi sulla riva, bisognava ridiscenderlo guardando in su, controcorrente, con le gambe in avanti e la faccia indietro, verso la sorgente lontana. La parola qedem, in ebraico, significa “antichità”, lo sa? Dalla stessa radice, però, deriva qadima, che significa “avanti”. Per andare avanti bisogna guardare indietro, perchè memoria e avvenire sono legati a doppio filo tra loro.