LibriAmo, a cura di Renata Grifa
“…una scintilla in aria che subito si spegne.
Viaggiava da milioni di anni prima di sfaldarsi in briciole roventi
nell’attrito con un’atmosfera, adesso.
Adesso: ho appena assistito all’avvenimento più antico che conosco.
Adesso è per un istante una parola gigantesca”.
Un uomo proveniente dal “confine di Stato, sotto montagne sapute a memoria” a cui viene affidato un delicato compito: togliere il drappo che copre le nudità di un Cristo crocefisso nel marmo, rivelando una natura un tempo celata e carica di significato.
All’interno della rimessa della canonica che lo ospita inizia il lungo dialogo e confronto tra la scultura e l’uomo, tra l’uomo e la natura. Una vera e propria simbiosi con l’opera, che pare possa essere capita realmente solo se osservata da vicino, solo se toccata con mano.
È al tatto che lo scultore scoprirà i più bei segreti che vi sono celati, quasi come se il messaggio originale possa rivelarsi soltanto a chi è veramente degno del Cristo in croce.
Ed è proprio da un invisibile dettaglio che inizia il sofferto percorso di restauro, un restauro che dovrà consegnare alla moltitudine un Cristo crocefisso così come l’autore l’aveva pensato.
Un confronto durante il quale l’artista chiamato a svolgere tale mansione smette i panni dello scultore e presta il proprio corpo alla statua, ripercorrendone i gesti, le sensazioni, le emozioni, fin quasi a carpirne il mistero.
“Cerco i pensieri dello scultore, li mischio ai miei. […] Ho preso una candela. Alla sua luce proiettano ombre pure i tendini tesi. Faccio una mossa istintiva, metto la mia mano tiepida sopra i piedi inchiodati, per un desiderio di trasmettere calore”.
L’arte diventa il mezzo per la riscoperta di sé e del mondo circostante.
Arte e religione diventano il ponte di collegamento tra chiesa e uomo, ma anche tra uomo e realtà vissuta, una realtà che aspetta lì, appena fuori la porta della canonica.
Una realtà che fa bello il contrasto per cui la croce, simbolo cristiano per eccellenza, vedrà svelati i suoi misteri grazie all’erudizione di un rabbino, alla saggezza di un muratore algerino e ad un bambino scappato da chissà dove, “li chiamano minori, li trattano da oggetti smarriti”.
La natura esposta come punto d’osservazione su una realtà che sembra dirci che tutto ciò che l’Uomo in croce dovrebbe significare è andato perdendosi a causa dell’uomo in terra.
Erri De Luca con questo racconto così apparentemente scarno infonde calore attraverso qualcosa di apparentemente freddo: il marmo. Regalando al lettore uno sguardo che va oltre la pietra, che si posa sul cuore.