LibriAmo a cura di Renata Grifa
“E poi?”
“Poi c’è la cosa che alla tua età è la più difficile: onorare il padre e la madre. Ma ci devi provare, Giannì, è importante”.
“Il padre e la madre non li capisco più”.
“Li capirai da grande”.
Mi dicevano tutti che avrei capito da grande. Risposi:
“Allora non diveterò grande”.Ci salutammo alla funicolare e da allora non l’ho più rivisto. non osai fare domande su Roberto, non chiesi se Vittoria gli aveva parlato di me, se gli aveva raccontato i fatti di casa mia. Dissi solo, vergognandomi: “Mi sento brutta, di cattivo umore, e tuttavia vorrei essere amata”.
Ma lo dissi tardi, in un soffio, quando lui già mi dava le spalle.
Elena Ferrante
Elena Ferrante è tornata. Ed è un piacevolissimo ritorno.
Non troppo lontana da Lila e Lenù la Ferrante torna portandosi dietro la storia di Giannina, una bambina – adolescente – donna, che vedrà il suo mondo sgretolarsi per una frase, la banale frase ascoltata di soppiatto che modellerà il suo destino.
Non ci sono preamboli a quello che è il filo conduttore dell’intero romanzo, la “bruttezza”, questa spiacevole visione che lega a sé una sensazione di fastidio, di negatività, di malessere che la giovane Giannina inizierà a provare e che si porterà dietro per tutto il racconto.
Giannina appartiene al Rione Alto, è figlia di insegnanti intellettualmente impegnati. Vive la sua vita in modo apparentemente protetto, su in alto, nella Napoli bene, in una bolla incantata che scoppierà non appena il passato dei genitori torna prepotentemente a bussare alla porta, e lo farà nella veste di quella zia cui Giannina sembra somigliare sempre di più, una zia innominabile, una zia malvagia e mai conosciuta: Vittoria, per la famiglia di Giannina identificazione con il male.
Giovanna ora è curiosa, vuole vedere il volto della donna a cui potrebbe somigliare, vuole sapere se davvero il suo destino è la bruttezza.
Mi scostò da sé con forza e io, privata d’un tratto del suo calore, soffocai un grido, come se avessi sentito una fitta di dolore da qualche parte ma mi vergognassi di mostrarmi debole. Mi sembrò bellissimo che, dopo quel ballo con Enzo, non le fosse piaciuto nessun altro. E pensai che doveva aver conservato ogni dettaglio del suo amore irripetibile, tanto che forse, ballando con me, se l’era ripassato momento per momento nella mente. La cosa mi sembrò esaltante, desiderai di amare anch’io, presto, a quel modo assoluto.
Dalla volontà di questo incontro parte un intreccio di parole, vite e bugie che accompagneranno la protagonista nell’età adulta pur essendo ancora bambina. Scoprirà che la bella Napoli cui appartiene spesso cela dietro di sé sboccatezza e volgarità, scoprirà che l’educazione che ha vale solo tra i suoi pari e scoprirà che gli adulti mentono, tutti.
Elena Ferrante ci pone spettatori di una storia in cui tutti hanno torto e ragione, in una Napoli da cartolina che contiene sensazioni contrastanti come possono essere le pulsazioni adolescenziali di Giovanna, emozioni che non ci fanno mai sentire estrani ai protagonisti.
Giovanna siamo stati anche noi da adolescenti.
Siamo Vittoria quando ci strappano il futuro e ci condannano alla misera vita dei sobborghi napoletani.
Siamo allo stesso tempo Costanza e Mariano, Andrea e Nella, siamo gli adulti che sbagliano e che si arrendono, siamo la vita normale.