LibriAmo, a cura di Renata Grifa
La felicità non si definisce, c’è, c’è sempre,
e non solo negli attimi che sconvolgono il cuore,
ma nella consapevolezza sognante e progressiva dell’esserci e non subirla, la vita.
Si annuncia a lampi accecanti e fuggitivi, ma poi è lì,
nella pioggia estiva, sottile, che non ti copre, che vuoi prenderla tutta,
testa al cielo.
Tredici lettere immaginarie da spedire ai figli. Tredici racconti di felicità (o della sua ricerca?) che hanno segnato la vita di uno dei più amati cantautori italiani.
Poca musica ma tanta poesia in un libro che racchiude tanta dolcezza e un pizzico di nostalgia per una vita vissuta in pienezza, senza alibi né maschere “i fatti minimi sono lenti d’ingrandimento, quelli grandi li ho dati per scontato”.
Un viaggio tra i ricordi di un uomo normale, insegnante, marito, padre, figlio, fatto di vicende semplici e quotidiane piene di sentimento e di emozioni che si susseguono in un “tempo verticale”, che è quel tempo percepito “dai bambini, dai pazzi e dai geni: non c’è passato, non esiste futuro, perchè per loro i ricordi sono lì, adesso, a portata di mano, non dispersi in una nebbia”.
Un libro che fa sorridere come La barzelletta di Dio “consumata all’insaputa di tutti solo perchè non faceva parte di nessun copione […] mi piace pensare che Dio inventa barzellette che poi non racconta ad anima viva, e che le inventi così, per sé, per ridersela da solo” ed emozionare come nel frammento in cui ricorda la nascita di Luci a San Siro “forse quegli inverni, tutti quegli inverni, sono stati le nostre estati; forse dovrò raccontare anche che non sono stato capace di dire qualche no, che tu ti nascondevi e io ti trovavo, ti amavo, giocavo il tempo. Forse in questa canzone (ma qualcuno l’ascolterà mai?) dovrò anche metterci Milano e le sue luci che non saranno mai più uguali, mai più le stesse”.
Pagine in cui non mancano citazioni e rimandi culturali che fanno capolino tra una racconto e l’altro in modo accennato e mai invadente, Paolo e Francesca, Orfeo e Euridice, l’incontro con Chomsky o le traduzioni dal greco di un verso di Saffo. La cultura come mezzo per dare un senso a quel che facciamo “e intendo con cultura i libri, la musica, le conversazioni con gli amici, gli incontri con le persone profonde”.
Non sappiamo se il prof. Vecchioni sia riuscito nella sua personale ricerca della felicità, ma quel che resta di questo libro è la sensazione che a volte per essere felici basta davvero la discrezione delle piccole cose, un amico ritrovato, il silenzio di una Casa sul lago, una madre che c’è, ti guarda sorride e dice “È niente, ninì, forse è amore”.
Siate semplici e felici.