LibriAmo…speciale Premio Campiello
“Sono molto felice della vittoria arrivata con un romanzo che racconta un periodo della Storia con cui non smetterei mai di fare i conti, ma soprattutto racconta che l’unico modo per sopravvivere è assaggiare il mondo, per quanto minaccioso o velenoso possa essere.”
Con 167 voti su 278 inviati dalla Giuria dei Trecento Lettori Anonimi Le Assaggiatrici di Rosella Postorino si è aggiudicato la meritatissima vittoria della 56esima edizione del Premio Campiello .
Ispirato alla storia vera di Margot Wölk, che all’età di novantadue anni ha reso pubblico il suo passato al servizio del führer come assaggiatrice, Rosella Postorino ha saputo raccontare un aspetto del nazismo totalmente inedito, regalandoci un romanzo che fa riflettere su come spesso al di là del bene o del male non sempre i sopravvissuti siano dalla parte del giusto e di quanto in là siamo disposti a spingerci quando l’unica cosa che resta è sopravvivere.
Premiati anche: per il secondo posto Francesco Targhetta con Le vite potenziali (42 voti), per il terzo Helena Janeczek con La ragazza con la Leica (29 voti e già vincitrice del Premio Strega), per il quarto e quinto posto rispettivamente Ermanno Cavazzoni con La Galassia dei dementi (25 voti) e Davide Orecchio con Mio Padre la rivoluzione (15 voti).
Il vincitore del 56° Premio Campiello è stato proclamato sabato 15 settembre 2018 durante la Cerimonia di Premiazione che si è tenuta a Venezia nella storica e prestigiosa cornice del Teatro La Fenice.
Di seguito riproponiamo la recensione del romanzo vincitore.
“All’inizio prendiamo bocconi misurati, come se non fossimo obbligate a ingoiare tutto,
come se potessimo rifiutarlo, questo cibo, questo pranzo che non è destinato a noi,
che ci spetta per caso, per caso siamo degne di partecipare alla sua mensa.”
Ogni pranzo è un pranzo di terrore per quel boccone che potrebbe essere l’ultimo, ogni portata è una portata di privilegio in un periodo in cui il cibo scarseggia, ogni pasto è una colpa perché quella sarebbe “una morte da topi, non da eroi, ma le donne non muoiono da eroi.”
Siamo in Germania, nel pieno della seconda guerra mondiale, seduti alla tavola imbandita per Rosa Sauer e altre nove donne scelte dal regime nazista per adempiere al compito di verificare se il cibo destinato ad Adolf Hitler è avvelenato oppure no, sono donne, madri, figlie, sono le assaggiatrici del Führer.
In cucina c’erano due uomini in divisa grigioverde. Uno aveva detto: “Rosa Sauer” Avevo annuito. “Il Führer ha bisogno di lei.” Non mi aveva mai vista in faccia, il Führer. Aveva bisogno di me.
E così da quel giorno, Rosa Sauer, ex segretaria berlinese, rifugiatasi a casa dei suoceri dopo che suo marito Gregor ha scelto la patria e non lei, si ritrova suo malgrado al servizio di una dittatura che lei stessa non approva. Con la perenne attesa del ritorno di Gregor, Rosa inizia a raccontarci la vita delle assaggiatrici, le vicende che si susseguono al loro tavolo, i legami che inevitabilmente si in saturano tra loro, legami dettati dalla paura, dalla necessità, ma anche dalla voglia di ribellarsi e di non essere vittime spettatrici.
Dieci donne diverse tra loro ma unite dallo stesso inevitabile destino, dieci donne sole la cui disperazione le porterà a compiere atti insensati pur di sentirsi ancora donne “Eravamo donne senza uomini. Gli uomini combattevano per la patria e ogni tanto rientravano in licenza, ogni tanto morivano. O venivano dati per dispersi” Tutte avevamo bisogno di essere desiderate, perché il desiderio degli uomini ti fa esistere di più. Sullo sfondo del conflitto mondiale ci sarà spazio anche per i sentimenti, per l’abbandono alla tenerezza, ma anch’essa ostacolata dalla diversità, anch’essa illusoria.
L’autrice con questo romanzo ci mette davanti al dramma umano di non poter decidere cosa fare della propria vita, agli eventi che decidono per te “D’altronde non avevo bisogno di un motivo per morire, qualora davvero la morte fosse in palio, così come non avevo motivi per vivere. Ecco perché Ziegler non mi faceva paura” e soprattutto sceglie dieci figure di donne per descriverne le loro fragilità.
Questo libro, scritto in maniera brillante, è uno sguardo inedito sulle tante figure secondarie che hanno fatto da sfondo al più grande conflitto dell’umanità ed è un viaggio nell’intimo della protagonista, nelle sue paure di cui “non ho mai detto nulla, e non lo dirò. Tutto quello che ho imparato, dalla vita, è sopravvivere”.