“Viaggio al termine della notte”
di Louis-Ferdinad Céline
Un romanzo scritto ieri… o almeno pare
Recensione di Toni Augello
Molti libri hanno trame senza vita. Magari sono anche belli, ma in fondo vuoti, privi di essenza. “Viaggio al termine della notte” di Louis-Ferdinad Céline è esattamente il contrario: essenza pura. E’ la vita stessa, che si fa trama nell’inchiostro che il suo autore intreccia sulle pagine dei primi del Novecento, e che bussa ai tuoi occhi per chiederne un senso al tuo cuore.
Un titolo potente ed evocativo che mantiene fede a tutte le sue promesse. Una maniglia che apre una porta sulla infinita commedia della vita umana senza passare per gli scatti della chiave, e ti spalanca addosso le cose per come sono, per quanto non te le abbiamo mai raccontate così. Superata l’orticaria che lascia in un primo momento la traduzione in italiano che – a volte – sembra privare di ulteriore slancio narrativo il racconto, si ha l’impressione di leggere un’opera contemporanea.
Avvilito dalle contraddizioni del suo tempo, sconfortato ed insieme stupito dalla mediocrità della natura umana, il protagonista non si sottrae comunque all’autocritica. La stessa mediocrità la trova anche nella sua professione di medico condotto, nelle proprie tasche tra i pochi spiccioli, o tra le rughe di un volto, il suo, che non viene mai descritto compiutamente, e che eppure immagini così. Perplesso.
“Viaggio al termine della notte” è l’apoteosi dell’esordio al romanzo (che per il suo autore avvenne nel 1932). Una deflagrazione a catena di stupore in un autentico campo minato di rivelazioni. Un pozzo senza fondo per gli amanti delle citazioni. Troppo poco leggerlo una sola volta. Non se ne godrebbe affondo l’anima, che si leva da una scrittura originalissima, plasmata sul parlato e scandita da un ritmo incalzante e sincopato. Un punto di riferimento per gli scrittori a venire. Vedi Bukowski.
A parere di Francesco Sasso, redattore del quaderno elettronico di critica letteraria “Retroguardia 2.0”, “la scrittura di Celine ha dentro un ritmo, una musica tutta sua. Difficile restituirla in un’altra lingua. Il traduttore italiano ha tentato di riprodurre le cellule ritmiche di Celine, lavoro in vero difficile, mitigando come ogni traduzione il testo di un grande scrittore stilista”.
Allo stesso Céline, che rimarrà alla storia come un autore tanto sensibile e profondo quanto controverso, l’ultima parola su di un libro intriso di grande verve, dosata con un’ironia sferzante, dove la scrittura è un’ancora di salvezza, ancora capace di farci guardare dentro.
“Cosa conta il mio libro? Non è letteratura. È vita, la vita così come si presenta. La miseria umana mi sconvolge, fisica o morale che sia. È sempre esistita d’accordo; ma un tempo la si offriva a un Dio, qualunque esso fosse. Oggi il mondo è pieno di miserabili e la loro angoscia non ha più nessun senso. La nostra epoca d’altronde è un’epoca di misera senz’arte; una cosa penosa. L’uomo è nudo, spogliato di tutto, anche della fede in se stesso. Il mio libro è questo”.
Buona lettura.
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