"Tutti i giorni" di Ingerborg Bachmann
recensione di Giulia Siena
La guerra non viene piu’ dichiarata,
ma proseguita. L’inaudito
e’ divenuto quotidiano. L’eroe
resta lontano dai combattimenti.
Il debole e’ trasferito nelle zone del fuoco.
La divisa di oggi e’ la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.
Viene conferita
quando non accade piu’ nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico e’ divenuto invisibile e l’ombra d’eterno riarmo ricopre il cielo.
Viene conferita
per la diserzione dalle bandiere,
per il valore di fronte all’amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi e l’inosservanza di tutti gli ordini.
Ingeborg Bachmann da "Non conosco mondo migliore", Guanda, 2004, 294pp.
Ingerborg Bachmann, nasce in Austria nel 1926 e dall’amore per la sua terra nasceranno i versi. La sua fama poetica arriva quando già la Bachmann è giornalista radiofonica e comincia ad entrare nel mondo intellettuale dell’epoca. E’ il 1953 quando pubblica "Il tempo dilazionato", versi fortemente metaforici che accostano l’uomo alla natura. Le metafore sulla natura della Bachmann sono di carattere politico, come dimostra il racconto autobiografico "Jugend in einer österreichischen Stadt" (1961). Le sue parole sono tese verso la ricerca di una forma definitiva che forse non possono ottenere a causa della loro intrinseca forza drammatica, si accumulano e si raggomitolano intorno a temi ripetuti in maniera ossessiva: la morte, il dolore dell’essere creato, il lutto per la poesia perduta, la critica ai mali della modernità. Lo scrivere di Ingeborg Bachmann si arresta tragicamente nel 1973.
"Scrivere poesie è per me l’impresa più ardua, in quanto si devono risolvere i problemi di forma, tematici e di lingua. Le poesie obbediscono ai ritmi del tempo, ma devono ugualmente mettere ordine, nel nostro cuore, all’insieme di cose nuove e antiche che comprendono passato, presente e futuro."
Giulia Siena
nella foto: Ingerborg Bachmann