Federica Bosco ci racconta “L’amore mi perseguita”, letture al sole
recensione e intervista di Giulia Siena
“Ed ecco New York e le sue mille luci: un enorme flipper dove tu sei la pallina che rimbalza fra i grattacieli e se non sei abbastanza veloce e abile a rimanere in alto, vieni inesorabilmente inghiottita dall’inferno dei bassifondi. Non mi stupisco se questa volta non ho il minimo entusiasmo per il fatto di essere nella città più esaltante del mondo, non c’è posto dove sarei felice perché sono profondamente infelice”.
Comincia così “L’amore mi perseguita”, il libro di Federica Bosco edito dalla Newton e Compton che continua a raccontare la storia di Monica, l’intrepida trentaduenne già protagonista di “Mi piaci da morire” e “L’amore non fa per me”.
Monica torna a New York per tuffarsi nel lavoro, un prestigioso incarico presso “Vanity Fair”, dopo che le ultime due storie d’amore le hanno distrutto il cuore. La storia con Edgar e la passione con David sono state delle dure prove per la povera Monica che si rifugia nel West Village, nella casa del misterioso Peter. Il lavoro non è come se lo aspettava, quegli amici che credeva così vicini presto si allontanano e la sua situazione di single si fa improvvisamente più complicata. Monica viene travolta come da un ciclone e dovrà imparare ad accettare la sua evoluzione, ma per fortuna Peter e Tyler riusciranno a distrarla grazie alle sorprendenti capacità della cucina salutista. Federica Bosco intesse il tipico romanzo romantico con i fili dell’originalità; infatti, le difficoltà della metropoli e le incursioni della cucina vegetariana rendono “L’amore mi perseguita” un libro dai giusti equilibri narrativi.
Una intervista all’autrice per curiosare nei retroscena del libro.
Che tipo di rapporto hai con Monica, la protagonista di tre dei tuoi libri (”Mi piaci da morire”, “L’amore non fa per me” e “L’amore mi perseguita”ndr)? Le voglio molto bene, è una specie di alter ego a cui faccio fare le cose che non ho il coraggio di fare o che non farei mai. Mando avanti lei per vedere come sarebbe!
Monica ha 32 anni ed è a New York per voltare pagina, quanto l’ambietazione della storia influisce nella narrazione?
New York per me ha rappresentato sempre l’idea della libertà, quando ho scritto Mi piaci da morire non c’ero mai stata e l’ho inventata per quello che mi avevano trasmesso anni di telefilm americani. Quando avevo 12 anni ero una patita di “Saranno Famosi” e vedevo questi ragazzi di 17 anni liberi di esprimere se stessi ballando e cantando in una città pazzesca, esplosiva, il centro del mondo, mentre i miei mi hanno murata viva in casa fino ai 19 anni, perciò per tutta l’adolescenza ho sognato di scappare e quando ho potuto scegliere una location in cui inserire un personaggio “fuggitivo” come Monica non ho avuto dubbi.
Monica, con lo scorrere della storia, acquista una forza e una consapevolezza che non credeva di avere. E’ paura o senso di protezione? E’ crescita involontaria, per quanto lei faccia per mantenere intatta la sua “zona di conforto” come un’eterna adolescente, la vita la obbliga a scegliere, maturare e prendere delle vere responsabilità.
Com’è scrivere con gli occhi di una donna incinta? Non è stato facile, ma ho un grande senso dell’empatia, e sono una donna per cui una certa sensibilità è innata e in fondo è lo stesso lavoro dell’attore. Ho provato a immaginare le paure di una giovane donna , sola, in una città ostile, che fondamentalmente non vuole aver figli, ma che è fuori tempo massimo. Il senso di sopravvivenza ti fa tirare fuori risorse inaspettate.
Curioso lo spazio che nel libro dedichi alla cucina vegetariana, come mai questa idea? Io sono vegana, è ancora peggio, non mangio nessuna proteina animale e questa svolta è arrivata da sola dopo anni di yoga che ti spinge ad amare e rispettare te stesso e l’ambiente che ti circonda, persone animali e cose. Cerco di divulgare questo messaggio, è troppo importante alimentarsi in modo sano per evitare patologie di ogni genere e per “modo sano” intendo non industriale, prediligendo cibi freschi, frutta e verdura, i latticini e la carne fanno male, lo sappiamo tutti, ma l’industria ha troppi interessi da salvaguardare perciò ci spinge a nutrirci di cibi che ci dicono indispensabili, ma che non sappiamo nemmeno noi (avete mai letto e capito un’etichetta??), dovremmo tornare a mangiare come i nostri nonni. Perciò per quello che posso, cerco di controllare cosa metto in bocca, mi sembra il minimo.
Secondo te, l’amore è l’elemento che manca alle trentenni per farle sentire realizzate?
L’amore manca a tutti, è il motore del mondo, ma è un lavoro a tempo pieno. Se ci si ama poco è facile creare relazioni sbilanciate in cui si vede il partner come l’unica soluzione ai proprio problemi e finchè è così non c’è speranza di felicità. E’ un’epoca difficile in cui i rapporti sono complicati dall’insicurezza, dalla confusione dei ruoli, ma soprattutto da una grande paura che abbiamo tutti di soffrire e di metterci in gioco.
“L’amore mi perseguita” è il felice epilogo della storia di Monica?
Sì Monica ha fatto un lungo percorso e adesso è felice o almeno continua a
provarci!
Le tre parole che preferisci? Consapevolezza, casa, ironia.
Giulia Siena
Nella foto Federica Bosco