Tutto
inizia come un corteggiamento, un biglietto, dei fiori, un sms…
Lo
stalking è un termine inglese che letteralmente significa “fare la posta”, ma
che in pratica, si traduce in un insieme di comportamenti minacciosi e molesti.
Una persecuzione psicologica e fisica. In Italia lo stalking è considerato
reato come “atto persecutorio”, punito da sei mesi a quattro anni di
reclusione, pena che aumenta in caso di aggravanti (aggressione a un minore,
omicidio, violenza sessuale).
Tutto
inizia come un corteggiamento, un biglietto, dei fiori, un sms, che all’inizio
sembrano gesti gentili, che fanno piacere, ma che in breve tempo si tramutano
in appostamenti, inseguimenti e minacce.
Lo
stalker può essere chiunque, dal vicino di casa, al collega, all’ex fidanzato e
sono stati divisi in cinque categorie:
il risentito, che giustifica i
propri comportamenti con il bisogno di riparare ad un torto subito;
il bisognoso d’affetto, alla ricerca
di attenzioni che vede il rifiuto della vittima come un ulteriore incentivo a
continuare; il corteggiatore
incompetente, che non riuscendo a gestire una normale relazione affettiva,
traduce questa sua incompetenza in atteggiamenti assillanti e aggressivi; il respinto, in questo caso la
persecuzione è una forma di relazione “alternativa” a quella che non è riuscito
ad ottenere; il predatore, fa leva
sulla paura della vittima per sentirsi padrone.
Le vittime di
stalking sono in prevalenza donne, e subirlo significa vivere nel terrore,
nella paura e nel senso di colpa. Molte vittime di stalking non denunciano il
proprio persecutore perché convinte di essere colpevoli di tale atteggiamento,
di aver, in un certo senso, provocato le attenzioni dello stalker e di essere
mal giudicate per questo.
E’ fondamentale
denunciare. La vittima deve recarsi dai Carabinieri o dalla Polizia di Stato e
fornire la descrizione dello stalker e del suo comportamento, conservando tutte
le prove, come sms e email, e, se è possibile, farsi accompagnare da testimoni.
MPC (fonte dati: organi di polizia)