Quando la politica
era una questione morale
di Antonio Tedesco
“Bisogna rifare l’Italia non solo
materialmente ma ancora e soprattutto moralmente con un’opera paziente e
assidua di risanamento morale, di rieducazione, di ricostruzione spirituale”[i].
Qualche
giorno fa sono passato in Via Tamburrano
Luigi a Roma, una strada nel centro dell’Urbe e ho scoperto che anche ad Anzio
è presente una strada intitolata all’illustre sangiovannese, forse non troppo
ricordato nel proprio paese d’origine per il quale ha speso una vita intera.
Ma
chi è era il Senatore Luigi Tamburrano?
Luigi
è nato a San Giovanni Rotondo il 14 Gennaio 1894[ii].
Dopo aver frequentato le scuole elementari nel 1905, il padre lo mandò a Roma
per frequentare le prime classi ginnasiali, poi si trasferì a Chieti, dove
frequentò il liceo e dove ebbe il battesimo della sua idea socialista.
«da tempo io
sono, sono, sono… tremo a dirtelo, tremo e fremo ad un tempo, non ho la
forza, la confessione è massima, suprema: sono socialista ribelle a ogni
tirannia, ad ogni forma di ingiustizia e d’oppressione…molto forse dovrò
soffrire per questi miei principi ribelli ed umanitari… ma che importa? Non
temo neppure le catene della sbirraglia poliziesca, non temo la morte, no, per Te,
santa Idea. Seguimi coi palpiti della stessa fede, dividi meco ogni gioia e
ogni dolore… Sarai la mia compagna».
A 18 anni per
continuare gli studi, fece domanda al collegio ”Aristide Gabelli” ad Udine per essere assunto come censore.
L’esperienza del collegio aiutò e stimolò la crescita umana di Luigi. Scrisse
in una lettera:
«Il collegio
è come una piccola società con le sue ingiustizie, invidie, gelosie, rancori,
ebbene farò del mio meglio con tutta l’anima, con amore, con la persuasione, di
poter infondere in questi ragazzi in formazione, la legge dell’amore, di far
considerare la vita non come un carnevale spensierato, un banchetto in cui il
più intelligente, il più svelto, il più forte, il più scaltro prenda il miglior
posto e la migliore porzione, bensì come un desco comune a tutti, deboli e
forti, deficienti d’ingegno ed intelligenti debbano assidersi ugualmente con
eguale diritto, con fraterno amore, con reciproco compatimento. Onde nella vita
una è la vera , l’alta nobile missione da compiere, la lotta contro gli astuti,
in favore degli ingenui. Ci riuscirò.[iii]»
Dopo
l’esperienza drammatica della Grande guerra (”ad Oslavia un cimitero sconvolto
con la terra smossa , contorti qua e là cadaveri e poi puzzo di morti
dappertutto”[iv]),
si trasferisce a Bologna per studiare giurisprudenza. Da Bologna nel 1919
scrive: “..la situazione di noi ufficiali tenenti è grave, da un lato il
fascismo della lotta e dell’agitazione, dallo altro la voce dura d’una
necessità di serrare il cuore e suggellare le labbra: bisogna guardarsi intorno
e mormorare con circospetta devozione la propria fede, perché dovunque c’è un
occhio che spia, un orecchio di poliziotto”. Un carabiniere è venuto parecchie
volte a cercare me, pare che si seguano le mie tracce, pare che si vigili e si
pedini la mia vita, pare che si voglia perquisire l’anima, inquisire nel
pensiero, colpire quello che nessuna forza umana potrà mai colpire, la mia fede
non può morire, perché allora morirei anche io, essa si nutre di me, io mi
nutro di lei, siamo una cosa sola, si è avvinghiata alle carni, si è mescolata
al sangue si è attaccata all’anima”[v].
Dopo la
laurea torna nella sua amata cittadina e contribuisce alla vittoria del partito
socialista alle amministrative del 3
ottobre 1920 dove viene eletto consigliere comunale venendo indicato dal suo
partito come sindaco della città. I
socialisti vittoriosi prepararono l’insediamento per il giorno 14 ottobre. La
festa dell’insediamento si trasformò in tragedia[vi] e
13 socialisti ed un carabiniere persero la vita nella più brutale e mortifera
repressione antisocialista del biennio rosso in Italia. Fra i tanti fu
arrestato Luigi che dal carcere scrisse: « …il carcere non mi abbatte, la mia
coscienza è leonina, nessuna colpa può attribuirsi a me che feci opera di pace.
Il mio spirito in questa grigia prigione si purifica e si ritempra saldamente[vii].»
Scarcerato dalle ingiuste accusa svolse per
pochi mesi il ruolo di sindaco e nel marzo del 1921 l’efficacia dell’azione dei
combattenti e dei popolari fece cadere la giunta socialista.
Luigi rimase confinato a San Giovanni
Rotondo, abbandonato da tutti. “tutta la famiglia è rimasta segnata da quella
vicenda perché un conto è emigrare all’estero, un conto è esuli in patria, per
di più in un paesino segnato da odi profondi”[viii].
L’oscuro ventennio, nonostante le persecuzioni ed i soprusi, non ha mai piegato
l’animo di Luigi che non verrà mai meno agli ideali di giustizia e di libertà[ix].
Con
molte difficoltà durante il ventennio riuscì a svolgere la sua attività di
avvocato tanto da sentirsi dire: « don Luì, a te i giudici danno torto perché
non sei fascista»[x].
Esausto si rivolse all’insegnamento (nel 1923 si laureò in filosofia a Napoli)
ma dopo poco dovette rinunciare perché occorreva la tessera al Partito
Fascista.
Luigi
era un uomo mite, generoso e giusto. Dopo aver sofferto la repressione e le
angherie del ventennio, si dedicò in maniera estenuante all’emancipazione della
classe contadina. Aveva la capacità, da grande intellettuale, di penetrare
l’animo contadino e di capire quanto le condizioni di vita e lo sfruttamento
fossero responsabili della mentalità arretrata di quella gente.
Nel
1943 come segretario della sezione di San Giovanni Rotondo, richiamò tutti i
compagni alla lotta ed incominciò con entusiasmo e con fede comizi e
conferenze. Si occupò con assiduità alla riorganizzazione del Partito
Socialista in Capitanata e nel 1948 conquistò il seggio di senatore nel
collegio Foggia-San Severo nelle liste del Fronte popolare. La sua fu
un’intensissima attività parlamentare. Nei cinque anni da senatore si adoperò
tantissimo per la provincia di Foggia e per la sua San Giovanni Rotondo.
Restano
memorabili le sue battaglie per la miniera della Bauxite di San Giovanni
Rotondo per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai e per la
statalizzazione della miniera e fino al 1963 con assiduità porto avanti l’idea
della costruzione in loco di uno stabilimento per la lavorazione del minerale.
Nei cinque anni di attività parlamentare lamentò spesso l’assenteismo del governo
per la risollevazione economica e sociale della Capitanata afflitta da
disoccupazione, miseria e sperequazione sociale. Attento conoscitore delle
problematiche del Mezzogiorno si occupò anche , grazie alla sua sensibilità
culturale, nel 1949, dell’opportunità di conservare il patrimonio artistico ed
ambientale del Gargano e chiese adeguate risorse per avviare un rilancio
turistico(«il senato della repubblica riconosciuta l’importanza turistica del
promontorio garganico per la bellezza e il fascino delle sue foreste, per
l’incanto delle sue marine e altresì per la rinomanza dei suoi santuari, invita
il governo a disporre adeguati stanziamenti per la valorizzazione di questi
tesori di bellezza e di arte»).
Nel
1956 Luigi fu nominato Vice-presidente della provincia di Foggia
Quando
era vice presidente dell’amministrazione provinciale i suoi compagni e colleghi
gli rimproveravano di essere addirittura un freno all’iniziativa. “Controllava
minutamente la regolarità degli atti; i problemi di correttezza, di legalità lo
tormentavano; irresistibile era la sua tendenza ad approfondire tutte le
quistioni”.[xi] Il motto di Luigi era Lavoro e Onestà[xii].
In una lettera alla moglie scrisse: ..la vera onestà è causa di sventura, ma
che importa? La vita è breve, o cara, e val meglio morire poveri ma tranquilli
di coscienza, anziché ricchi e torturati dal rimorso di mille colpe: questa è
la mia fede che non crollerà mai e sul letto di morte splenderà nitida e
immacolata pura e bella…
Luigi
è figlio della generazione di Di Vittorio, è stato l’esempio integerrimo della
politica intesa come missione, sacrificio per il bene comune, lotta per
l’emancipazione della propria terra. Ha sollevato la questione morale nella
politica, tema poi caro a Berlinguer che nella famosa intervista rilasciata a «La Repubblica», il 28 luglio 1981 sosteneva che “la questione morale non si esaurisce nel fatto
che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della
politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e
bisogna metterli in galera.
Luigi
ha avuto la capacità di leggere i mutamenti della società, di interpretare i
cambiamenti economici e sociali in un’ottica di sviluppo concreto delle classi
meno abbienti.
La
sua vita è stata caratterizzata dalla lotta assidua per l’emancipazione
sociale, economica e culturale della popolazione, soprattutto dei contadini e
degli operai con un riguardo particolare alla crescita culturale e morale dei
giovani.
“Il
fondo dell’anima giovanile è buono e generoso. Essa sente naturalmente la
bellezza delle cause buone e giuste. Quando noi avremo liberato quest’anima
dalle malsane sovrastrutture e dalle deleterie incrostazioni del fascismo,
quando avremo compiuto questa necessaria opera di bonifica morale, quest’anima,
tornata vergine e pura riprenderà a pulsare con ardore e con fede per tutto
quanto è grande e bello e fioriranno in essa i nobili ardimenti e i santi
entusiasmi”[xiii].
Il senatore Luigi
Tamburrano ebbe una visione pioneristica , nei suoi scritti si parla di
tutela del territorio, di turismo, di cultura, di legalità, temi sui quali bisogna inevitabilmente
investire se vogliamo emergere dal torpore secolare che attanaglia il Sud
Italia.
[i] Archivio Privato di
Tamburrano Giuseppe. Scritti del 1944 dell’Avv. Luigi Tamburrano.
[ii] Deceduto il 18 dicembre
del 1964.
[iii] Archivio Privato di
Tamburrano Giuseppe. Scritti del 1912 dell’Avv. Luigi Tamburrano.
[iv] Archivio Privato di
Tamburrano Giuseppe. Scritti del 1915 dell’Avv. Luigi Tamburrano.
[v] Archivio Privato di
Tamburrano Giuseppe. Scritti del 1919 dell’Avv. Luigi Tamburrano.
[vi] Per approfondimenti:
Antonio Tedesco, Quella voce fucilata
nella piazza, l’eccidio del 14 ottobre a San Giovanni Rotondo, Ed. Sudest,
Manfredonia, 2010.
[vii] Archivio Privato di
Tamburrano Giuseppe. Scritti del 1920 dell’Avv. Luigi Tamburrano.
[viii] L’Osservatore Romano, 22-23 marzo 2008, Intervista a Giuseppe
Tamburrano.
[ix] La Città Nuova, 18 dicembre 1965.
[x] Ibidem.
[xi] Il Quotidiano di Foggia, dom.29-lun.30 maggio 1988
[xii] Archivio Privato di
Tamburrano Giuseppe, biografia dell’Avv. Luigi Tamburrano
[xiii] Avanti Daunia , 21 aprile 1945.