LibriAmo a cura di Renata Grifa
Parla di macchine come me e persone come voi e del nostro futuro insieme… della tristezza a venire. Succederà. Col tempo, coi miglioramenti… vi supereremo… vi sopravviveremo… pur volendovi bene. Dovete credermi, non c’è alcun senso di trionfo nei miei versi… Solo rimpianto.
Ian McEwan
Ian McEwan non è mai uguale a se stesso.
Distruttivo in Espiazione, ironico e immerso in atmosfere noir Nel Guscio, innovativo e incalzante nell’ultimo romanzo Macchine come me.
L’ambientazione è perfetta.
Londra, anni 80, il ritorno dei Beatles, la lotta per le Falkland, un’Inghilterra tra la Tatcher e le proteste laburiste che si contrappongono a molte stravaganze storiche (la bomba atomica sul Giappone? L’attentato a Kennedy?) così evidenti che sono comunque ben inserite in quella che è la vicenda attorno a cui ruota tutto il romanzo: fino a che punto un cervello artificiale può competere con l’intelligenza umana? Può una mente robotica avere il suo limite nella sua stessa illimitatezza?
Siamo nel periodo in cui la scienza ha fatto così tanti progressi da arrivare a creare queste macchine come noi, degli umanoidi perfettamente funzionanti che una volta avviato il settaggio basilare (accondiscendente, mite, simpatico, diffidente) sembrano in grado di integrarsi perfettamente al mondo che li circonda, quasi fino a prenderne il sopravvento.
Adam è uno dei dodici esemplari venduti in tutto il mondo insieme alle dodici Eve subito andate a ruba, pezzi di elettronica che Charlie, giovane squattrinato, che vive alla giornata sulla sponda sbagliata del Tamigi, cui unica passione sembra essere la tecnologia e che vede in Alan Turing la sua massima espressione, è fermamente deciso a portarsi a casa.
Era venduto come articolo di compagnia, sparring partner intellettuale, amico e factotum in grado di lavare i piatti, fare i letti e “pensare”.
Gia… pensare. Ed è proprio quello che sembra succedere non appena Charlie delega Miranda, sua amica e vicina di casa, ad impostare i parametri “vitali” che faranno di Adam un quasi-uomo.
Inizia così un ménage à trois che articolato in quella che sembra la normale routine domestica di due giovani inglesi diventa invece un vero e proprio giallo quando il passato di uno dei due protagonisti torna prepotentemente a bussare alla porta, e ci si inizia a chiedere quale sia l’uomo e quale la macchina.
Con ambientazioni futuriste e descrizioni minuziose di quelli che sono stati i più importanti sviluppi dell’era tecnologica, Macchine come me diventa un romanzo complesso che ci porta a riflettere su quanto possa in realtà la mente umana essere consapevolmente molto più calcolatrice di una mente robotica.
E di come l’autore ci metta davanti da un lato un protagonista che nulla fa per cambiare il proprio destino “a parte rari momenti di decisioni folli, la mia vita, specie quando ero solo, trascorreva perlopiù in una sorta di atarassia umorale in cui la mia cosiddetta personalità si manteneva in stand-by. Nè temerario né introverso. Semplicemente vivo.” e dall’altro la figura di chi è follemente convinto di poter affermare il proprio io attraverso le emozioni riservate agli uomini.
Dei due, e ne rimarrete stupiti, uno solo ne uscirà come eroe.