di Gianfranco Pazienza
Accade tutto in mezz’ora. Da Lucia Annunziata, Massimo D’Alema ha messo l’accento su 2 cose: la sinistra c’è (il contrario di ciò che conveniva dimostrare a Veltroni); secondo aspetto, in Italia non ci sono, come avversari, dei veri poteri forti (al contrario di ciò che pensa dopo la sconfitta elettorale di Roma, Palombelli, la moglie di Rutelli). Anche sui temi della sicurezza D’Alema non le manda a dire a Veltroni e a Rutelli: su questo terreno la destra, forza reazionaria è, ovviamente, molto più credibile di noi, dice.
In mezz’ora D’Alema ha espresso la sua linea politica. Quella di un PD vicino a Prodi? Potrebbe essere, e non mi appassiona la disputa. Mi interessa il resto del ragionamento. Per la sinistra, dice D’Alema, all’elettorato non viene proposta una idea chiara (Vendola dice che non sono chiari il linguaggio e il modo di interpretare le domande e i sentimenti).
Per quanto riguarda i poteri forti, in Italia piuttosto, afferma D’Alema, esiste una miriade di piccole e medie imprese che, per questo, competono a fatica sui mercati internazionali. Esse si rivolgono alla mediazione politica in termini clientelari, aggiungo io perchè in Italia il sistema e’ questo, qui non si sa fare lobby legittimamente. D’Alema conclude affermando: difficilmente questo mondo di imprese potrà essere rappresentato da Berluscconi (“condannato” a curare i suoi affari mentre sta al governo e le cui fortune suscitano non poche invidie negli altri imprenditori). Pur non essendo d’alemiano, condivido queste analisi.
La sinistra, inoltre, penso dovrebbe innanzitutto smettere i panni di chi si deve difendere per le colpe non commesse (lo stalinismo ex sovietico per esempio) oppure dell’essere alternativa alla destra. Avere il coraggio di spiegare il perché non si riesce sostenere con forza la proposta di estendere la tutela contro i licenziamenti senza giusta causa, se troppo spudorata appare la difesa (sindacale) di chi abusa delle tutele. Dovremmo essere capaci, in futuro, anche di saper raccontare il modello di sviluppo che vogliamo, rispettando i diritti e le risorse naturali. Un modello che sappia offrire opportunità per tutti, lavoratori, immigrati, imprese. Potremmo, intanto, cominciare dal nostro piccolo, dal nostro territorio, come si usa dire ora.
Potemmo cominciare a raccontare la nostra idea, atteso che altri ne abbiano, visto il fallimento del sistema Italia e la voglia di fuga verso il modello Spagnolo. Se vogliamo dire qualcosa al nostro elettorato, dobbiamo parlare di lavoro anche in termini di ricerca e sviluppo, di tutela dell’ambiente e di mettere le famiglie e chi lavora nelle condizioni di potere acquistare anche oltre la terza settimana. Se con il Governo Prodi avessimo fatto questo, forse oggi avremmo da parlare di futuro in termini differenti.
Gianfranco Pazienza