di Berto Dragano
Sono un ciclista urbano, quando la città lo permette, quando viene pensata e disegnata anche per la bicicletta e pedoni. In sella alla mia bicicletta, attraversando la città, si incontrano punti critici estremamente pericolosi come discese ripidissime, radici di alberi, macchine in uscita da garage, curve. Spesso per evitare pericoli urbani inforco la bici per affrontare le discese, le salite e scalare le montagne con lentezza e caparbietà.
Qualche giorno fa sono salito su Monte Calvo, la cima più alta tra quelle che costituiscono il massiccio del Gargano in Puglia.
Il percorso inizia dall’ombroso Bosco Quarto, polmone verde ad alto fusto, con prevalenza di Querce, Cerro e Roverella. Pedalo una salita che si stempera con l’ombra offerta da grandi fusti, attraverso la località Canale del Conte (747 m.s.l.m.) fino ad arrivare alla Caserma Forestale (840 m.s.l.m.).
Lascio la caserma alle spalle e scalo con lentezza una ripida e breve salita che accentua la fatica e mi porta a Coppa d’Incero dove ad accogliermi c’è un salotto in legno ingrigito dal tempo che invita al riposo, alla riflessione ed apprezzare il punto trigonometrico e panoramico a 924 m.s.l.m.. Percorro Monte Calvello (949 m.s.l.m.), attraverso percorsi di sassi e terra fino a raggiungere Monte Calvo (1065 m.s.l.m.), la grande vetta del Parco Nazionale del Gargano.
Lungo i crinali della montagna si possono osservare variegate colonie vegetazionali erbacee che si sono perfettamente adattate a resistere all’impetuosità del vento, terra e sassi che imbastiscono immagini che invitano alla fotografia. Mentre pedalo sulla schiena del Gargano ad accompagnarmi c’è il vento piacevole di metà Agosto.
L’assenza, tranne che in alcune zone isolate, di vegetazione arborea permette di spaziare con lo sguardo lungo tutto il Promontorio, il sottostante Tavoliere delle Puglie, il Lago di Varano, il Mare Adriatico, il Golfo di Manfredonia, il Vulture e, nelle giornate con cielo terso, le Isole Croate.
In alcuni momenti della giornata è possibile assistere alle spettacolari evoluzioni aeree dei rapaci che hanno eletto il sito a loro zona di caccia.
Mentre le tempie pulsano la fatica delle pedalate penso che abbiamo un territorio ricco di biodiversità, paesaggi di incommensurabile bellezza, foreste dove si possono apprezzare alberi secolari che danno la sensazione di voler abbracciare il cielo.
Il fruscio del vento, colori, odori, il cinguettio di uccelli, il rumore del silenzio, sensazioni, emozioni, una magnifica visione paesaggistica che conserverò nel mio scrigno emozionale.
Gli alberi, il territorio sono un valore per la collettività. Un tesoro che appartiene a tutti. Perdere tutto questo significa impoverirsi.
Preservare gli alberi il territorio significa non solo garantire l’ossigeno ai nostri polmoni, ma anche salvare l’identità dei territori e le loro radici, tagliate le quali, non solo le piante, muoiono.
Una bicicletta, due ruote, tante idee, il campanello che suona, senza dover salutare gente, ingranaggi, pedalare, solamente.
“Questo è un altro aspetto rasserenante della natura: la sua immensa bellezza è lì per tutti. Nessuno può pensare di portarsi a casa un’alba o un tramonto.”
Tiziano Terzani