Genialità e sregolatezza di un musicista straordinario
Il 27 gennaio 1756 nasceva a Salisburgo, colui che avrebbe segnato in modo indissolubile la musica in tutte le sue eccezioni: Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart.
Suo padre Leopold, compositore ed insegnante di musica, scoprì immediatamente che il termine “bambino prodigio” nacque con suo figlio.
Mozart, sviluppò a tre anni l’orecchio assoluto per la musica , iniziò a suonare brevi pezzi al clavicembalo e a cinque componeva, non sapeva scrivere ma sapeva comporre.
A 6 anni, Leopold, lucrando un pò sullla genialità di suo figlio, “Il miracolo che Dio ha fatto nascere a Salisburgo” lo definiva, decise di presentarlo alla corte imperiale, insieme all’altra figlia Anna, anch’essa con un talento musicale particolare.
Da lì la sua scesa nel mondo dei “grandi” fu inarrestabile. La famiglia Mozart viaggiò per tutta l’Europa, Italia compresa. In questi viaggi venne in contatto con i grandi dell’epoca, tra cui Bach, Niccolò Piccinni, padre Martini, solo per citarne qualcuno, da cui apprese i vari stili musicali che caratterizzeranno le sue opere.
Amadeus componeva, si esibiva e diventava cittadino del mondo.
A Roma impressiona Papa Clemente XIV, quando, dopo aver ascoltato solo per due volte il Miserere di Gregorio Allegri, una composizione a nove voci, lo trascrisse interamente a memoria. Aveva 14 anni circa.
Non era solo la sua giovane età, la sua capacità mnemonica a renderlo particolare. Era la sua musica, nuova, bella, emozionante, capace di ecclisare tutti i compositori fino ad allora conosciuti. Diventa la musica classica per eccellenza.
Quando, tra i 18 e i 20, riuscì a svincolarsi un pò dal controllo paterno, Amadeus visse di passione. Pur conservando una religiosità e una morale di tutto rispetto, Mozart fu sempre un tipo fuori dalle righe. Vi erano in lui due personalità: una maliziosa, sempre giocosa, a volte volgare e grottesca e un’altra, sensibilissima, malinconica, capace di vedere tutte le mille sfumature del mondo e dei suoi abitanti, istinto puro.
Entrambe queste personalità, però, erano al servizio di un demone: il suo genio.
Egli viveva per soddisfarne la fame perenne, ogni sua decisione era presa solo se captava nell’aria vibrazioni da cui poteva ricavare profitto mentale e creativo. Anche il suo affiliarsi alla massoneria, egli lo fece, soprattutto, perché attratto da quel concreto ideale di fratellanza universale, nel bene dell’umanità, cui già si era accostato creando il personaggio di Selim, nel Ratto del Serraglio e che poi tornò ad annunziare, ancor più luminosamente, per bocca di Sarastro, nel Flauto magico.
Ed è proprio del suo demone interno, il mistero che avvolge la morte di Mozart.
Tante sono le ipotesi, più o meno romanzate, ma tutte si concentrano sulla sua opera incompiuta, il Requiem.
Inizio ottobre 1791, Mozart, quasi in miseria a causa della sua vita dissoluta, ricevette la visita di un uomo misterioso, mascherato, che gli commissiona la composizione di una Messa da Requiem, ma aveva solo quattro settimane per farlo. Allo scadere del termine, però, il compositore non era riuscito nel suo intento perchè una strana malattia era sopraggiunta all’improvviso a soli 35 anni. Gli venne data una proroga di altre quattro settimane. Egli non riuscì mai a sapere chi fosse quello strano committente e per chi fosse quel Requiem, alla fine si convinse che il misterioso cavaliere era la Morte e che il Requiem fosse per lui, per il suo funerale. Non riuscì mai a completare l’opera, ma riuscì a scrivere l’ultima nota della parte più importante, il Dies irae, poche ore prima della sua morte il 5 dicembre 1791.
MPC