La magia del più grande virtuoso dell’800
“Ma quanti musicisti ci sono sul palco?”
“Uno, solo uno”.
“Allora è il diavolo”
A questa conclusione giunge uno spettatore cieco ascoltando l’esibizione del più grande virtuoso dell’800. Composizioni uniche, inventate sul momento, velocissime, in cui si alternano spettrali armonici artificiali, alti melodici di diverse ottave, passi che coprivano tutte le corde ma che si concludevano con la sola corda del sol, perchè tanta era la foga con cui Paganini suonava, da far spezzare le altre corde e sanguinare il polpastrelli.
Costretto dal padre a suonare, fin da piccolissimo, anche dieci ore al giorno chiuso in cantina, a 10 anni viene colto da una forma violenta di morbillo che lo “uccide”, era già avvolto nel sudario per essere sepolto, quando si alza all’improvviso. Non molto alto ma magrissimo, una magrezza resa ancora più eccessiva dagli abiti neri e larghi che indossa, pallido, con il naso ad uncino, la bocca incavata per mancanza di denti, le guance infossate, gli occhi spiritati, capelli neri che si allargano intorno al volto, dita lunghissime, una spalla più alta dell’altra e un portamento claudicante. E’ decisamente brutto, ma le donne lo amano (“non sono bello, ma quando mi ascoltano, le donne cadono tutte ai miei piedi“). Non dimentichiamoci che siamo in pieno Romanticismo, periodo in cui la figura dell’artista cupo, maledetto, tormentato, ha una forte presa sul gentil sesso e Paganini lo incarna alla perfezione. E’, insomma, il precursore delle moderne rockstar. C’è anche un business su di lui che impazza a Vienna: guanti alla Paganini, biscotti alla Paganini, cravatte alla Paganini.
E Paganini fa di tutto per assecondare le leggende che circondano la sua persona, sopratutto da quando non è più schiavo di suo padre “quando fui veramente padrone di me stesso mi buttai a capofitto nei piaceri della vita e ne bevvi a grandi sorsate“; finisce in galera per aver sedotto una sua allieva e lì le malelingue dicono che il diavolo in persona gli sia apparso e gli abbia insegnato a suonare il violino; suona nei cimiteri di notte e nei Lazzaretti per i moribondi, è appassionato di esoterismo, gioca d’azzardo, tanto da perdere tutto quello che guadagnava, nonchè il suo prezioso Stradivari.
Un ricco francese di nome Livron, gli prestò per un concerto, un magnifico violino di Guarneri del Gesù. L’esecuzione di Paganini fu talmente entusiasmante che alla fine del concerto Livron si precipitò sul palcoscenico, l’abbraccio e gli disse: “il Guarneri è vostro, ma ad una condizione: che lo suoni unicamente Paganini”. Nessun’altro violino si dimostrò all’altezza del Guarneri che lui affettuosamente chiamava “il mio cannone”. E con questo prezioso strumento strega le folle, commuove e “non ripete”. Nel 1818, al Teatro Carignano di Torino, il re Carlo Felice fece pregare il musicista di ripetere un brano che gli era particolarmente piaciuto; Paganini fece rispondere “Paganini non ripete” e non per arroganza, ma perchè la sua musica era improvvisata e quindi unica e anche per le ferite ripostate sui polpastrelli. La risposta gli costò due anni di espulsione dal Regno di Savoia: “I grandi non temo, gli umili non sdegno“.
In realtà le sue strane caratteristiche fisiche, che hanno permesso a Paganini di raggiungere risultati eccezionali, non hanno nulla di demoniaco; oggi si pensa che l’artista soffrisse della sindrome di Ehlers-Danlos o iperelastosi cutanea, una rara malattia del tessuto connettivo di cui esiste una variante caratterizzata da articolazioni iper-mobili, lasse, instabili, e tessuti abnormemente elastici. L’eccessiva mobilità articolare può essere causa di ipotonia muscolare e dolori articolari diffusi nel corpo; una frequente complicanza è l’aneurisma dell’aorta toracica e ciò che potrebbe giustificare l’afonia di cui soffrì l’artista negli ultimi mesi di vita.
Proprio per questo motivo, non poté confessarsi in fin di vita e alla sua morte a soli 58 anni, a Nizza, alle ore 17 del 27 maggio 1840, fu dichiarato empio dal vescovo di Nizza mons. Galvani, non ebbe né funerali né sepoltura in terra consacrata. Soltanto il 9 Novembre 1876 i resti di Paganini riceveranno una degna sepoltura a Parma.
E’ una sonata in sol minore del compositore Giuseppe Tarantini, il quale afferma di aver sognato il diavolo in persona e di aver ricevuto da lui il tema principale dell’opera, considerata la massima espressione del repertorio violinistico, sia per tecnica che per espressività. Stregato da questa composizione, Paganini l’ha fatta sua in maniera da rendere impossibile ogni imitazione.
MPC