Il 20 aprile alle 18.00 la benedizione
Sarà riaperta ai fedeli da sabato sera la cappella dell’Eucaristia della chiesa di San Pio da Pietrelcina in San Giovanni Rotondo, dopo il rito della benedizione degli affreschi che ne adornano le pareti, presieduto dall’arcivescovo di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, mons. Michele Castoro.
La cerimonia avrà luogo alle ore 18,00 del 20 aprile e proseguirà con una solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta dallo stesso Arcivescovo, che si svolgerà nell’aula liturgica.
Le pareti della cappella sono state impreziosite dalle opere eseguite dall’equipe dell’Arte spirituale del Centro “Aletti”, specializzata nella pittura murale “ad affresco”, gestita da suor Elisa Galardi, agostiniana della Santissima Annunziata.
Gli affreschi, spiega suor Elisa, rappresentano l’Ottavo giorno, «il giorno dell’eternità dell’uomo che si fa Cristo perché Cristo si è fatto uomo, il giorno dell’Eucaristia, il giorno senza tempo».
Partendo dal tabernacolo, sulla parete di sinistra sono rappresentati alcuni racconti biblici relativi alla resurrezione di Cristo. Vediamo anzitutto Maria Maddalena con Gesù; il Cristo, alto e imponente, le indica la via della sua umanità pasquale come percorso per giungere al Padre celeste. Subito dopo, c’è la scena di Pietro e Giovanni al sepolcro; Pietro è colto nella corsa, mentre Giovanni è nell’atto di contemplare il sepolcro vuoto, in attesa dell’arrivo di Pietro. Infine è rappresentato Gesù, vestito da viandante, che parla con i due discepoli di Emmaus; il Signore, che spiega loro le scritture, è rappresentato simbolicamente con il rotolo d’oro della Parola dischiuso su di Lui, mentre Egli indica il suo costato aperto, che traspare al di sotto del rotolo; i due lo invitano a rimanere con loro, indicando una apertura sulla casa, che lascia intravedere la tavola già preparata per la mensa: «Resta con noi, Signore, mentre si fa sera».
Sulla parete di destra, sempre partendo dal tabernacolo, troviamo Gesù riconosciuto dai discepoli di Emmaus nella frazione del Pane. Successivamente è rappresentata la scena dello stupore dei due, che tornano a Gerusalemme dopo la rivelazione, con il Pane e con la Parola. Infine vediamo gli Apostoli che proclamano, all’arrivo dei discepoli di Emmaus: «Abbiamo visto il Signore!».
Sulla parete frontale è stato riprodotto un ampio squarcio della Gerusalemme Celeste: il trono dell’Agnello immolato e trionfante, circondato dalla Vergine Madre, da Giovanni Battista e da una schiera di Santi. Sulla sinistra possiamo identificare alcuni Santi francescani (tra cui Francesco, Chiara e, in alto, vicino all’Agnello, Padre Pio), mentre sulla destra sono stati collocati alcuni “Santi” del XX secolo (come il beato Giovanni Paolo II e la beata Madre Teresa di Calcutta).
Nella parete in alto, di fronte al tabernacolo, è rappresentato san Tommaso apostolo di fronte al costato di Cristo: è l’Ottavo giorno, in cui la comunità cristiana, al cui centro è il Signore, confessa il Credo. Dal costato del Figlio di Dio scaturiscono acqua, sangue e Spirito, che alimentano la vita della Chiesa, sposa di Cristo.
Sul soffitto, alcune lingue di fuoco rappresentano la discesa dello Spirito Santo, che si muove verso Tommaso e, da Tommaso, verso l’Ottavo giorno, cioè verso la Vita Eterna.
Nella parte alta delle pareti laterali è narrato il Cantico delle Creature di san Francesco: «sor aqua», «frate sole», «frate vento», l’«altissimo, onnipotente, bon Signore», «sora luna e le stelle», sulla parete di sinistra; «sora nostra matre terra», «frate foco» e «sora nostra morte corporale» (cfr. Fonti Francescane, 263) sulla parete di destra. «Il mondo – spiega l’autrice – diventa sacramento, a cui tutto l’universo partecipa tramite Cristo, l’Eucaristia, la Chiesa universale e senza tempo».
Tecnica
Le due pareti laterali e quella frontale sono state realizzate con la tecnica pittorica dell’affresco.
Col termine “a fresco” o “buon fresco” si intende la pittura murale nella quale i colori vengono stemperati in acqua e stesi sopra un intonaco fresco, ossia appena steso.
La pittura “a fresco”, che fa parte della tradizione iconografica mediterranea, è considerata la più impegnativa fra tutte le tecniche artistiche: benché i materiali siano semplici (sabbia, calce, acqua, pigmenti), l’esecuzione esige massima prontezza e grande decisione, anche perché ciò che viene dipinto nel tempo di asciugatura di una giornata non può più essere ritoccato. L’affresco è stato definito dal pittore italiano Cennino Cennini (nato a Colle di Val d’Elsa nel 1370 e morto a Firenze nel 1440), nonostante le innumerevoli difficoltà che comporta, «il più dolce e il più vago lavorar che sia!».
Le altre parti della Cappella sono dipinte con pittura murale “a secco”.
anninacap
Se ne sentiva davvero il bisogno.
In effetti era tutto troppo sobrio prima, mi sembra giusto arricchire un attimo un ambiente nato con un un’impronta così minimal.
anna capuano