Il documento conclusivo della prima tavola rotonda
La tavola rotonda tenutasi venerdì 1/06/07 nel chiostro comunale sul tema: “Quale Futuro per S. Giovanni Rotondo” – Definire un percorso condiviso – ha visto la partecipazione di un folto gruppo di partecipanti locali, vari rappresentanti provenienti dal campo economico, sociale, culturale e politico.
La scelta degli organizzatori è stata quella di invitare all’incontro tutti quegli attori non istituzionali, attivi sul territorio e che hanno a cuore l’interesse collettivo del paese (scusandosi se alcuni di loro possono non essere stati invitati).
L’intento della tavola rotonda era quello di far discutere delle problematiche che affliggono la città di S. Giovanni Rotondo attraverso la voce di attori differenti e che operano in ambiti differenti.
Inoltre si voleva sollecitare la cittadinanza ad andare oltre al semplice confronto verbale, ed iniziare a ragionare sulla possibilità di “costituire” un organismo che possa fare da collante tra le diverse esperienze e divenire al più presto operativo.
Il primo obiettivo è stato raggiunto; la discussione non è stata settoriale, cioè tra partiti o tra forze economiche o sociali, tutti i partecipanti hanno portato il loro contributo attraverso il punto di vista del loro ambito di competenza.
Anche il secondo obiettivo è stato raggiunto con la richiesta dei partecipanti di passare ad una fase più operativa, affidata alla elaborazione di “esperti”, per potere dare maggiore concretezza alla discussone futura.
I temi toccati possono essere collocati nei quattro ambiti di competenza degli attori invitati; quello economico, quello sociale, quello culturale e quello politico. Inoltre nessuno dei presenti ha portato avanti problemi squisitamente “sindacali”, individuali o di categoria, senza per questo rinciarvi, ma temi specifici comuni a tutti. Infine vi era tra i presenti una forte consapevolezza dello stretto legame che intercorre tra i diversi temi affrontati. Insomma, un incontro tra veri “portatori di interessi” che guardano all’interesse superiore, quello dei beni comuni.
In ambito economico sono stati affrontati più temi, in particolare quello della condivisione e del rispetto delle regole la cui mancanza deprime ed influenza il lavoro e il successo dell’impresa locale. Mancanza di regole ma anche mancanza di controlli degli organi competenti, in particolare di quelli comunali.
Viene colto in questo senso la scarsa propensione della Città ad accrescere, a cominciare da questo settore, quel capitale sociale indispensabile allo sviluppo della città.
Il secondo aspetto vede come punto focale la scarsa presenza di servizi alle imprese che non permettono alle stese di sviluppare le loro potenzialità. Le imprese hanno ormai la necessità di dialogare non solo con le proprie associazioni di categoria, ma anche tra le differenti associazioni e in particolare con l’Amministrazione comunale, al fine di creare quelle sinergie necessarie per lo sviluppo economico del paese che sembra ormai essersi fermato.
In ambito culturale si è evidenziata l’importanza della comunicazione come bene comune, essa è un diritto dei cittadini e un dovere dell’amministrazione. Questa ultima non ha il solo compito di informare, ma ha il dovere di ascoltare le istanze dei cittadini aprendo dei canale bidirezionali che facilitino i rapporti tra amministrazione e amministrati.
Inoltre si sottolineato come la partecipazione stessa sia un fattore culturale rilevante che l’amministrazione non può continuare ad ignorare. Non appare sufficiente che in qualche legge nazionale o regionale siano inseriti articoli che prevedono la partecipazione dei cittadini alle scelte della città. L’adempimento formale ad una norma non porta ad un cambiamento culturale di così vasta portata; vi è la necessità che sul tema della partecipazione convergano le istanze dei diversi attori e che l’amministrazione tutta si apra a tale processo culturale.
Rammentiamo al riguardo che la riforma del titolo V della Costituzione ha recepito appieno le istanze di partecipazione provenienti dai cittadini, difatti l’art. 118 ultimo comma recita: . “ Stato, Regioni, Province, Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà.”
Pertanto alla vecchia logica bipolare, amministrazione-amministrati (sussidiarietà verticale) è necessario integrare la logica sussidiaria, riconoscere cioè che il bene comune non è solo prerogativa dell’amministrazione locale ma anche di altri attori che lavorano, si impegnano, mettono a disposizione risorse, per la propria città (sussidiarietà orizzontale).
Inoltre si è sottolineato come i nuovi strumenti di informazione e comunicazione quali i portali internet abbiano, in un primo momento facilitato nella nostra città il confronto tra idee differenti; ultimamente però si è notato come vi sia un timone ad intervenire nelle discussioni, quasi una forma di autocensura, come se il diffondere il proprio pensiero critico sia controproducente per colui che lo scrive.
Se la comunicazione è un diritto dei cittadini, essa dovrebbe essere un dovere dell’Amministrazione. Un argomento molto interessante affrontato è stato quello del Difensore Civico, cioè quell’… “istituito per rafforzare e completare il sistema di tutela e di garanzia del cittadino nei confronti delle pubbliche amministrazioni e per assicurare e promuovere il pieno rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione”. Questo istituto, insieme ad altri come l’URP, la Carta dei Servizi, il Bilancio Sociale non sono solo strumenti di comunicazione tra cittadini e amministrazione, ma possono diventare, se utilizzati per lo scopo per i quali sono stati creati, strumenti di miglioramento dell’azione amministrativa.
Inoltre, questi strumenti sono canali di comunicazione che essendo diritti, gli stessi cittadini hanno richiesto e a cui l’amministrazione non può continuare a sottrarsi dall’istituirli, dall’inglobarli nella propria azione amministrativa e renderli efficaci.
Sul fronte politico gli elementi emersi sono stati:
– difficoltà evidente della politica locale a dare risposte concrete alle esigenze dei cittadini ed in particolare delle forze sociali, economiche e culturali.
– Si è sottolineato come le azioni dell’amministrazione locale, espressione dei partiti e della politica in generale, non siano più sufficienti a dare risposte concrete ai problemi della città ed è necessario che i processi decisionali, di responsabilità e di valutazione dei risultati conseguiti siano ampliati ad altri attori locali a cui preme l’interesse comune.
– Non si nega la complessità dei problemi che dovranno essere affrontati, si è evidenziato anche che un forte limite allo sviluppo locale sia determinato da quel substrato culturale che ancora resiste in alcune fasce della popolazione attiva, con forti atteggiamenti di delega e con una pressante domanda di assistenzialismo. Ma si è anche sottolineato il dato che emerge dagli incontri organizzati da diverse componenti culturali, sociali ed economiche, quindi dai cittadini attivi, che chiedono con forza all’amministrazione ed ai partiti di modificare il loro atteggiamento nei confronti della cittadinanza, passando da una logica di delega (che ormai è divenuto un modello non più condivisibile) ad una logica partecipativa, attraverso l’individuazione condivisa di metodi e strumenti efficaci allo scopo.
– Unanime consenso nell’affermare che attualmente la politica di S. Giovanni Rotondo non può affrontare i problemi della Città se i loro vertici continuano a scontrarsi per cercare spazi di visibilità, cambiando in continuazione gli assessori per dimostrare chissà quale potere di rappresentanza. Anche i politici presenti sono dello stesso parere facendo autocritica sulla loro momentanea incapacità di uscire da questo schema.
Per quanto riguarda l’ambito sociale, due sono gli aspetti rilevanti emersi dalla tavola rotonda: il primo sottolinea come il sistema di solidarietà spesso si esaurisce all’interno della famiglia, lasciando scoperto invece tutte quelle reti di relazione fondamentali per creare un sistema solidale dei cittadini. L‘apparire, l’egoismo, il consumismo, tutte facce della stessa medaglia (cioè l’individualismo), prevalgono e spesso annullano l’essere e il benessere individuale e collettivo, la solidarietà e la fiducia tra le persone. Questa prevalenza induce gli amministratori a fare scelte che portano all’inefficienza nell’equità di distribuzione delle risorse tra i vari gruppi sociali, privilegiando al dettato costituzionale della sussidiarietà, il principio di proporzionalità.
Il secondo individua una cronica carenza di prevenzione delle situazioni di disagio sociale, in particolare per quelle persone definite “fragili”. Disagio in parte collegato alla carenza o all’assoluta mancanza, nei diversi quartieri della città, di luoghi di socializzazione per giovani e adulti e spazi di gioco per i bambini.
Inoltre “l’anarchico” sviluppo del paese, in particolare quello economico ed urbanistico, ha, di fatto diviso in due la città; quella che ruota attorno al turismo religioso e all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza e il resto del paese. Questa divisione ha prodotto uno sviluppo sociale e culturale a due velocità, dove si sono amplificate le differenze tra i gruppi sociali, in particolare i più emarginati non riescono a recuperare le distanze createsi senza poter contare su servizi socio-assistenziali territoriali efficienti ed efficaci.
Per concludere tutti i presenti hanno condiviso la necessità di superare la fase delle discussioni ed arrivare in tempi brevi alla costituzione di un “gruppo” trainante e competente nel proporre e indicare nuove strade e strumenti di sviluppo locale, facendo della partecipazione uno dei fulcri su cui far ruotare un nuovo modello di sviluppo.
Questo organismo però deve essere autonomo, indipendente e non influenzato dai partiti politici, all’interno del quale, dopo la fase di comprensione dei problemi generali, lasci spazio in particolare nella fase di progettazione e realizzazione, a persone competenti e qualificate.