Accusati di peculato, corruzione e accesso abusivo a database
Conducevano indagini private, relative a questioni di infedeltà coniugale, tradimenti veri o presunti, avvalendosi di tecniche e strumenti investigativi in uso alla Polizia di Stato.
Un’attività che camminava su un binario parallelo al loro mestiere di poliziotti. Per questo tre agenti dopo una lunga indagine di polizia, coordinata dalla Procura di Foggia, sono finiti in manette: dovranno rispondere di corruzione, peculato, falso, intercettazioni abusive e accesso abusivo ai database del Ministero.
A finire dietro le sbarre sono stati A. S., assistente capo della polizia di 45 anni (già sospeso per pregresse vicende giudiziarie), in servizio al commissariato di Manfredonia e l’assistente capo A. D. C., di 38 anni, in servizio al reparto mobile di Napoli.
P. C., in forza alla sezione di Foggia della Polizia Postale e ritenuto l’informatico del gruppo è stato posto agli arresti domiciliari. Un quarto uomo, una guardia giurata, è ancora ricercato.
Sono quattro i casi finiti nel mirino degli inquirenti: il primo risalente al 2012 e per il quale non è stato riscontrato alcun pagamento; gli altri tutti nel 2014 e in alcuni casi la vittima era costretta a pagare un compenso di 300 euro. Gli indagati venivano contattato o tramite conoscenza diretta o attraverso il passaparola.
Gli arrestati agivano piazzando microspie nei luoghi frequentati dai presunti “traditori” per intercettazioni ambientali, non perfette ma comunque utili allo scopo, controllando le utenze telefoniche a loro in uso, oppure seguendo i loro spostamenti attraverso le tracce lasciate dall’uso del cellulare o della carta ricaricabile. In un solo caso, quello relativo al 2012, è stato accertato che l’assistente capo A. S. aveva inserito il nome e il numero di telefono del soggetto da monitorare nell’ambito di una indagine in corso per altre vicende, aggiungendolo abusivamente alla lista delle utenze telefoniche da intercettare.
“Quando lo Stato e le istituzioni hanno la forza e il coraggio per guardarsi dentro e scorgere la presenza di ‘mele marce’ vuol dire che siamo in presenza di meccanismi di verifica, controllo e resistenza che consentono all’organo di funzionare bene”, ha dichiarato il procuratore capo di Foggia, Leonardo Leone De Castris.
Dello stesso avviso il questore di Foggia, Piernicola Silvis: “In questa vicenda abbiamo deciso di metterci la faccia: è fondamentale fare pulizia dentro le forze dell’ordine e dare un segnale di speranza alla cittadinanza: noi ci siamo, e siamo pronti a guardare all’interno e mettere in discussione tutte le organizzazioni pubbliche e non pubbliche”.