di Gianfranco Pazienza
Vedere una parte della mia città (San Giovanni Rotondo) libera dai cassonetti dell’immondizia, offre una gran bella soddisfazione. Da due settimane in fase sperimentale per i quartieri del centro storico “allargato”, è stata avviata la raccolta porta a porta dell’umido (frazione organica) e del secco (frazione indifferenziata). Contemporaneamente, forse con qualche inciampo iniziale ma con grande successo dell’amministrazione e, ammettiamolo, per tutta la città; in queste zone sono stati rimossi tutti i cassonetti: venivano riempiti in maniera scorretta dai cittadini e dai commercianti ed erano (e sono) deposito di tutto ciò che riteniamo rifiuto e non lo è. Dal 2006 è stata da prima avviata la raccolta porta a porta, pensate un po, della carta e della plastica ma non dell’umido. In quel capitolato si prevedeva solo dopo alcuni anni l’avvio “sperimentale” della raccolta differenziata dell’umido, e ora è partita (l’ingegnere capo del comune faceva fatica a valutare l’importanza di tale percorso sin da subito). Intanto ora i risultati della raccolta dell’umido sono davvero soddisfacenti. Alla manifestazione “No Triv” di Monopoli, percorrendo un pezzo del corteo con il Vice Sindaco Antonio Carriera, egli mi confermava che l’umido consegnato all’impianto ha riscosso un successo pieno (meno dell’1% di scarto tollerato). Il mio piccolo bilancio familiare è questo: in due settimane abbiamo prodotto 3 mini sacchetti di umido e uno solo di indifferenziato. Aggiungo solo che una piccolissima parte dell’umido in casa viene trattato per il compostaggio ad uso delle piante del tetto verde. Si dimostra quindi, per gli scetticii, valida la raccolta differenziata: essa aiuta a gestire meglio le materie giudicate scarti e rifiuti, riduce il fabbisogno di discarica e rende inutile gli inceneritori nocivi per l’ambiente e la salute. Perdonate questo riepilogo elementare sulla differenziazione e la classificazione dei materiali riciclabili.
Partiamo dalle materie prime: plastica, vetro, alluminio, carta e cartone, legno ferro etc (tutto ciò finiva anche nei cassonetti insieme molte volte ai calcinacci, ai sanitari e quant’altro) tutte le materie prime pesano un 40%. Queste materie prime raccolte e non “inquinate” con altri rifiuti, possono vivere una seconda volta e la loro raccolta avviene a carico dei consorzi imballaggi obbligatori.
Non dobbiamo pagare la tassa di smaltimento, anzi li acquistano ad un tot al chilo. Passiamo alla frazione umida: pesa nel nostro sacchetto di immondizia mediamente 1,5 KG/giorno a famiglia. Gestito correttamente l’umido non va in discarica ma in impianti di compostaggio. Il compost organico di buona qualità può essere utile in agricoltura. Il compost è un concime completo ed un ammendante capace di migliorare la struttura del terreno.
A proposito dell’umido, e quello raccolto nella nostra città è buono, la legge regionale prevede il trattamento di biostabilizzazione. Perdonate ancora questa autocitazione: quando abbiamo parlato e presentato il nuovo depuratore, oltre al recupero irriguo ed energetico (idroelettrico)delle acque depurate, il mio suggerimento era anche quello di affiancare al depuratore un impianto di biostabilizzazione. Si tratta di un silos che recupera biogas man mano che il rifiuto organico fermenta e si asciuga. In questo processo i liquidi delle fermentazioni possono essere recuperati trattati nel depuratore accanto. Il materiale biostabilizzato potrebbe essere preso dalla società partecipata dall’AQP (ASECO) la quale utilizza i fanghi di depurazione proprio per produrre compost di qualità. Una volta si raccoglievano anche gli oli di cucina per fare i saponi. Gli oli non vanno gettati neppure nella fogna.
Dunque, lavorare a questa soluzione per la gestione dei rifiuti permetterebbe di risparmiare molto sui costi di trasporto. Se applicato alle altre città della nostra Provincia e a Foggia, risolveremmo lo scempio dei rifiuti che sommergono i quartieri.
Infine, dei nostri rifiuti rimane una piccolissima parte: la frazione secca indifferenziata. Questa va in discarica e, spesso contiene plastiche le quali, se portate ad incenerimento, producono diossine. Allora produciamone meno e mandiamo a “secco” l’impianto di Marcegaglia.